Quando cadono le maschere, ovvero (No One Knows Me)
“Non mi sono mai conosciuta/se non nel dolore bambino/di avvertirmi a un tratto/così divisa. Così tanto parziale/”, usa queste parole Giovanna Cristina Vivinetto, poetessa trans, nella sua raccolta Dolore Minimo.
È interessante partire da qui per parlare di Prisma, serie di 8 episodi, prodotta da Amazon Studios e Cross Productions, distribuita da Prime Video, ideata da Ludovico Bessegato e Alice Urciuolo, genitori anche di Skam Italia, perché proprio la vita di Vivinetto dà lo spunto a Urciuolo per un romanzo di trasformazione.
Nella citazione ci sono termini necessari per entrare in contatto con il magma narrativo sfolgorante, poetico e reale della serie: dolore, io diviso, realtà parziale, riconoscimento, tematiche radicate in Prisma che porta al centro la Gen Z e il suo rapporto con l’identità, non solo di genere. Per fare ciò si scelgono i fratelli Marco e Andrea (interpretati da Mattia Carrano), gemelli omozigoti, identici esternamente ma interiormente differenti. Marco eccelle nel nuoto eppure è emarginato, timido, problematico, insicuro con le ragazze e soprattutto con Carola di cui è innamorato, Andrea è ripetente, ribelle, più sicuro e popolare del fratello eppure in conflitto con sé stesso, con la propria identità e sessualità e dallo scantinato in cui nasconde i segreti, fa uscire, attraverso un profilo social e una chat, un alter ego femminino. Sono loro punctum a cui si agganciano le vite degli altri, il bel, ma non solo, Daniele (Lorenzo Zurzolo), la dura, ed anche tenera quando abbatte le difese, Nina (Caterina Forza), la sicura, almeno all’apparenza, Carola (Chiara Bordi che apre le porte ad una rappresentazione nuova della disabilità: la protesi alla gamba è una caratteristica non una definizione), anime prismatiche che camminano accanto a loro. Sono le dinamiche tra i personaggi a far fiorire adolescenti teneri e spaesati, intrappolati in gabbie fisiche, desideri celati, categorie sociali e sentimenti. Il viaggio in corpi e anime si svolge non a Roma, come in Skam, ma a Latina, città difforme dalle altre province, con tre nomi (prima Latinia poi Littoria e infine Latina), senza un dialetto, indefinibile, perfetta per ritrarre personaggi labirintici e sfumati per l’abbattimento di stanchi confini predefiniti. Prisma toglie le maschere, condivide temi cari ad altre serie teen come Euphoria, We Are Who We Are e Skam ma sfrutta tutto ciò per trovare la propria strada e muoversi in un mare di commovente libertà e di scelta (il proprio pronome, chi essere, chi amare). Grazie ad un cast talentuoso e ad una scrittura densa e onesta che rompe cliché e retoriche, costruisce alfabeti e grammatiche fluide sul maschile, femminile, esprime geografie di corpi e identità, racconta crescita e conoscenza di un gruppo che per la riflettenza delle facce dona una pluralità di colori la cui fusione genera un paesaggio unico e straordinario.