Quello che prende gli schiaffi
La macchina da presa mostra in dettaglio le targhette di nomi di vip del cinema americano come Bo Derek e John Travolta, si allontana allargando l’inquadratura ad un totale di un corridoio d’albergo di lusso per poi passare ad inquadrare una porta scalcinata con su scritto a mano il nome di Lino Banfi, la porta si apre e appare il nostro in frak mentre beve dello scotch. Banfi riceve una chiamata che lo avverte che i divi in questione non partecipano più al film, il campo si allarga e scopriamo che la sua camera è in realtà un gabinetto e a quel punto una voce off (quella di Luciano Salce) lo chiama esclamando: <<Vieni avanti cretino!>>.
Con questo incipit metacinematografico Salce sottolinea affettuosamente le origini umili del glorioso avanspettacolo italiano e al tempo stesso ironizza su come la comicità da rivista (negli anni 80) venga ancora così bistrattata e considerata di infimo livello. L’explicit ci mostra ancora Lino Banfi che dialoga con Luciano Salce sul film appena girato chiedendogli cosa ne pensa e per tutta risposta il regista lo fa fucilare da un plotone militare ma a colpi di torta alla panna. Anche nel finale Salce sottolinea l’acredine nei confronti dell’umorismo da rivista mostrandosi anche lui, in quanto autore dell’opera, insoddisfatto del risultato ma facendo trionfare una volta di più la farsa. Nel mezzo una valanga di sketch che attraversano gran parte del nobile repertorio d’avanspettacolo, partendo dal titolo che riprende un noto numero di Walter Chiari e Carlo Campanini sui fratelli De Rege. Banfi viene estrapolato dal suo abituale cliché di uomo medio del sud tra mogli e amanti (presente nelle pochade di Sergio Martino) per farsi personaggio comico allo stato puro in cerca perenne di un’occupazione e diviso tra la fame e il desiderio sessuale, entrambi mai appagati.
Dal noto sketch Pasquale con Totò a una rivisitazione di quello dei tic con Ric e Gian (contaminato con Chaplin e Tati), Banfi è sempre quello che prende gli schiaffi, il classico augusto circense, un umiliato e offeso che non riesce a trovare una propria dimensione sociale rimanendo il capro espiatorio di un’umanità arrivista e indifferente.
Vieni avanti cretino è un’operazione che oscilla tra l’alto e il basso (poli su cui ha sempre lavorato Salce), un po’ epitome della commedia pecoreccia e un po’ la sua riflessione teorica con punte di umorismo futurista che scardina la lingua italiana tra calembour e nonsense (i dialoghi in pugliese sottotitolati in arabo, il caffè con una goccia di utopia) in cui Banfi si scatena al fianco di comprimari di lusso, in primis Gigi Reder nell’episodio del dentista.
Insieme a W la foca di Nado Cicero (sempre del 1982), l’opera di Salce resta il geniale epitaffio di una stagione cinematografica irripetibile.