Free TV for the old age pensioners
La vera storia di Kempton Bunton che nel 1961 rubò il ritratto del duca di Wellington di Francisco Goya dalla Galleria Nazionale di Londra chiedendo che il riscatto fosse devoluto in beneficenza. L’anziano pensionato, offeso dalla grossa somma che il governo spendeva perché il ritratto restasse nel Regno Unito, chiese che una cifra equivalente al prezzo d’acquisto dell’opera fosse usata per pagare le tasse televisive, motivo per cui Bunton si era già battuto in precedenza sostenendo che la televisione pubblica dovrebbe essere gratuita per tutti coloro che ne hanno bisogno.
Il ritratto del duca, ultimo film di finzione di Roger Mitchell, deceduto nel 2021, è stato distribuito nelle sale italiane quasi due anni dopo l’anteprima mondiale. Commedia drammatica all’insegna della leggerezza, il film di Mitchell è un prodotto perfetto per famiglie e per chiunque voglia passare un’ora e mezza di moderato divertimento seguendo la vita dell’anziano agitatore di Newcastle e i risvolti sociali che contornano la vicenda.
La storia di Kempton Bunton ebbe una grande eco nella cultura di massa del suo paese (il ritratto compare anche in Agente 007 – Licenza di uccidere) e la responsabilità del furto fu messa in discussione a più riprese dopo una confessione del figlio John (che tuttavia non provocò la riapertura del caso) e poi ancora in seguito alla pubblicazione di alcuni documenti rimasti segreti fino al 2012. Il ritratto del duca ci riporta la celebre storia tenendo ben presenti gli elementi emersi dopo il processo senza, tuttavia, avanzare la pretesa di chiarire i fatti una volta per tutte. Mitchell e i suoi sceneggiatori si prendono, infatti, tutte le libertà necessarie per raccontare la storia di Davide contro Golia nel modo più classico e rassicurante o, in una parola, popolare. Il vero Kempton Bunton, tanto per fare un esempio, era un pensionato mentre quello che vediamo al cinema è ancora alle prese col proprio impiego come tassista, dal quale è stato licenziato per aver offerto un passaggio a un reduce di guerra. Il povero Kempton, interpretato dal credibilissimo Jim Broadbent che costituisce la vera colonna portante del film, torna quindi a vivere in un mondo di insicurezza, diviso tra la necessità di sbarcare il lunario, qui incarnata dalla moglie Dorothy (Helen Mirren), e quella, forse ancor più forte, di proseguire le proprie lotte sociali. Tra una raccolta di firme in strada e un appello ai giornali, la notizia che una somma favolosa di denaro pubblico sarà spesa per comprare il ritratto colpisce Jim, facendo vibrare il suo spiccato senso della giustizia; un uomo dal volto coperto si intrufola quindi dentro la National Gallery per sottrarre il dipinto e allo spettatore sarà lasciata, almeno per un po’ di tempo, la possibilità di colmare i vuoti che la narrazione lascia strategicamente qua e là come assi nella manica da tirar fuori al momento più adatto, talvolta prevedibili ma non per questo meno efficaci. Il film non ha, infatti, un impianto cronologico lineare ma comincia dal processo avviato dopo che Kempton si è consegnato volontariamente alla polizia, per poi tornare sei mesi indietro e, sulle note di un jazz galoppante, ricostruire i fatti fino a quel momento. Anche i flashback e gli spostamenti sono spesso accompagnati da piacevoli sequenze musicali che mischiano immagini storiche e moderne in composizioni dinamiche articolate. Sarà una lunga ma gradevole ricostruzione, impreziosita dalla presenza di attori raffinati proprio come ci si attende dal buon cinema inglese.