Gassman e le donne
Al suo esordio dietro la macchina da presa, Ettore Scola punta a cavalcare l’onda de I mostri (1963) di Dino Risi, che aveva creato un autentico manifesto del filone a episodi sul boom economico.
Nel 1964, Scola scrive insieme al sodale in sceneggiatura Ruggero Maccari Se permettete parliamo di donne, un’opera che scandisce in nove scenette alcuni comportamenti volubili, capricciosi e talvolta inconsueti del mondo femminile.
Ma il vero protagonista di tutti gli episodi è Vittorio Gassman, che mettendo a frutto il proprio camaleontismo comico (proprio come aveva fatto nel succitato film di Dino Risi) dà vita a una variegata galleria di maschi italiani. Il titolo potrebbe far pensare a un film al femminile ma in realtà la figura meschina, vile e a tratti persino greve del maschio italiano (spesso romano) è ancora al centro del discorso satirico, mentre solo nel 1971, con Noi donne siamo fatte così di Dino Risi, viene a comporsi un puzzle comico-grottesco sotto l’egida di una donna mattatrice (Monica Vitti). Arrivando da anni di praticantato come sceneggiatore di script farseschi, Ettore Scola mantiene anche in questo caso un tono scanzonato e di taglio semi-barzellettistico senza sfoderare la carica grottesca e crudele che invece era ben presente nel cinema di Risi.
La satira contenuta in Se permettete parliamo di donne viene gestita con un’ironia burlona e solo vagamente attraversata da alcuni echi amari (come nell’episodio del carcerato), i quali saranno poi sempre più presenti e marcati nel cinema di Scola, trasfigurando, nei suoi lavori più maturi, la commedia ribaltandola in melodramma.
La mimica e la gestualità frenetiche di Gassman, nel passare con estrema disinvoltura da un impiegato mattacchione a uno scapolo timido fino a uno straccivendolo burino, sono la molla propulsiva che detta il ritmo comico delle storie, all’interno di un prodotto che sta con un piede nella commedia all’italiana d’autore e con l’altro nel bozzettismo farsesco del prodotto di genere.
In un episodio Vittorio Gassman incontra Walter Chiari dando vita a un duetto scoppiettante, creando anche una sorta di congiuntura tra la commedia autoriale e il film comico di intrattenimento, di cui i due interpreti sono stati rispettivamente emblemi assoluti. Il film contiene anche omaggi a capolavori precedenti della commedia all’italiana, sempre con Gassman protagonista, che in qualche modo sono serviti a Scola come modello di riferimento.
Nel segmento della coppia clandestina in cerca di un posto per consumare un rapporto, il clacson dell’auto di Gassman ha lo stesso suono di quello de Il sorpasso (1962), mentre in un altro episodio si ascolta lo stesso tamouré composto da Armando Trovajoli per I mostri (1963).