Legami di famiglia
La famiglia può essere un luogo particolarmente inospitale e ostile, soprattutto se regolata da norme arcaiche, che impediscono l’espressione libera. Però può essere anche un’opportunità: quando il regista Ahmet Necdet Çupur viene richiamato a casa, in una provincia turca, dopo 20 anni di vita all’estero, si trova costretto a risolvere una complicatissima crisi familiare.
E allora accende la telecamera e comincia a osservare e filmare questa crisi, dando vita a Les enfants terribles, film che dopo aver vinto il premio di Visions du réel a Nyon approda al Pordenone Docs Fest.
Questa crisi coinvolge i fratelli di Ahmet e i suoi genitori: Mahmut che vuole divorziare dalla moglie diciassettenne che ha sposato contro la sua volontà; la sorella Zeynep che vorrebbe studiare e andarsene dal villaggio; il fratello Cemal, tornato a vivere con la famiglia dopo cinque anni, ma insofferente alle rigide regole e al clima opprimente messo su dai genitori. Çupur struttura il suo racconto lungo due anni e sfrutta la familiarità con i “personaggi” del film per potersi permettere una vicinanza che altrove non sarebbe possibile, per scavare dentro le pieghe di una società colta nella sua espressione più spontanea e istintiva, la famiglia. Il film coglie uno scontro generazionale nel suo svolgersi, da un lato un gruppo di ragazzi che cercano non solo la normale libertà dei giovani quanto la breccia per poter spezzare un sistema patriarcale e confessionale in cui tra Dio e il padre non c’è alcuna differenza, dove le tradizioni sono leggi divine inamovibili, a costo dell’infelicità dei propri figli; dall’altro due genitori che incarnano l’etica profonda di un paese, ma soprattutto di una cultura, incapace di guardare oltre il villaggio, come fosse la distillazione di The Village che nell’immobilismo fisico e spirituale cerca la via della pace, trovando invece la guerra in casa.
Çupur è abilissimo nello sfumare di continuo i limiti tra ciò che sta accadendo e una, pur sottilissima, rappresentazione e, anche se a volte questo gioco gli prende la mano, come nell’uso un po’ troppo facile delle musiche per sottolineare emozioni, dimostra un equilibrio sorprendente tra racconto minimale e ampia riflessione sociale e politica, capace di sondare le infinite contraddizioni del nucleo familiare.