Un nuovo capitolo per Kenneth Branagh nei panni di Hercule Poirot
Assassinio sul Nilo non funziona e questo flop mi fa sentire la mancanza di Kenneth Branagh. Molto spesso mi mancano più i vivi dei morti. Mi manca l’artista che dirigeva film interessanti come L’altro delitto, o quello che rivendicava le sue origini teatrali e il suo amore per Shakespeare: il meraviglioso Hamlet o lo spassoso Molto rumore per nulla. Crescere così è stato bellissimo e, nel caso vi foste persi queste pietre miliari dei 90s, vi consiglio di recuperarli subito.
Dopo il remake di Branagh di Assassinio sull’Orient Express è la volta di Assassinio sul Nilo, tanto per alimentare il fuoco del regista nei confronti del “Christieverse” ossia, come dichiarato da lui un universo espanso sulle opere di Agatha Christie su falsariga, ironica, dei mondi Marvel e DC Comics.
Non so quanti tra voi hanno visto la loffia trasposizione del 1978 con Peter Ustinov, ma in termini di dinamicità la versione di Branagh non si discosta più di tanto. Né Ustinov né Branagh potranno mai sostituire, dal nostro immaginario e dalla descrizione della Christie, David Suchet nei panni di Hercule Poirot nella serie televisiva britannica. Il regista e il suo sceneggiatore Michael Green si divertono nel gioco della scomposizione di Poirot, quasi a volersi distaccare di proposito dall’eredità letteraria, il che andrebbe bene se il risultato fosse diverso. Se nella prima parte scopriamo l’origine dei baffi di Poirot (vera operazione fan-service), il film vero e proprio si srotola in un cast che ha ben poca caratterizzazione.
Lo scenario è quello barocco di una lussuosa crociera dove l’ereditiera Linnet Ridgeway (Gak Gadot) è in luna di miele con Simon Doyle (Armie Hammer), circondati da personaggi del loro passato e del loro presente, perfetto e luccicante sfondo per un bell’assassinio. Poirot si ritrova coinvolto nel viaggio perché ha visto la nascita di quell’amore tra le atmosfere fumose di un locale blues.
Il cast, come sempre, è stellare: da Annette Bening a Russell Brand passando per Jennifer Saunders, eppure permane la sensazione che siano tutti pronti, e in tiro, per una festa che si svolge alle loro spalle e a cui non parteciperanno mai.
Assassinio sul Nilo pare un semplice esercizio di stile, dove lo stile è l’uso non proprio ottimale della CGI, e uno sfoggio di protagonisti non pienamente descritti o analizzati in quello che, a suo tempo, venne definito uno dei migliori romanzi della letteratura gialla. Lo champagne e i lustrini della luna di miele prima, e dell’omicidio e la ricerca del colpevole dopo, non riescono a fare da contraltare alla prima parte, dove, con un po’ di emozione, seguiamo il giovane Poirot nella sua esperienza diretta della Prima Guerra Mondiale e delle trincee: quello sarebbe stato un ottimo film da guardare.
Ciò che ha conquistato molti di noi del personaggio di Poirot è proprio il suo spirito di osservazione, la capacità di creare un legame emotivo con la girandola di persone che entrano ed escono dalla sua esistenza. Personaggi che si dimenano tra una gamma di sentimenti positivi che qui, purtroppo, sono totalmente assenti. Assassinio sul Nilo è il perfetto diorama di un vuoto pneumatico elevato a pura estetica fine a se stessa.