Quello che le donne di Vanzina non dicono (più)
Enrico Vanzina, dopo aver raccontato in forma di pochade la prima ondata pandemica con Lockdown all’italiana, alla sua seconda regia cerca di aggiornare il canone della commedia rosa che insieme al fratello Carlo ha portato avanti per almeno un paio di decenni.
I fratelli Vanzina (Enrico sceneggiatore e Carlo regista) non sono solamente gli enfants terribles che hanno aperto la strada al filone vacanziero-natalizio con l’intramontabile Vacanze di Natale, ma sono anche gli autori di una commedia di costume al femminile che ha segnato profondamente il nostro cinema popolare, benché molta critica alzi ancora il sopracciglio solamente a sentirla nominare!
Sotto la patina del rotocalco mondano, le commedie vanziniane raccontavano vizi, costumi, mode e persino lo slang di una generazione, quella dei giovani cresciuti tra gli anni Ottanta e i primi Novanta. Poi gli anni Duemila hanno completamente asfaltato tutto questo, obbligando gli autori romani ad annaspare tra il revival e il taglio sociologico-contemporaneo ottenendo risultati più bassi che alti.
Oggi, con Tre sorelle, Enrico realizza una commedia di segreti e bugie tra donne, cercando un equilibrio tra colto e popolare in cui Cechov e Tolstoj si mescolano alla fiction televisiva… ma i conti non tornano e si respira un’aria di teatralità da piccolo schermo. La squadra di interpreti femminili annovera anche attrici brillanti come Serena Autieri e Chiara Francini ridotte purtroppo a cliché attraverso una recitazione affettata e tutta smorfiette, inserite in una struttura meta-teatrale basata su equivoci di letto e di cuore decisamente frusti (quasi l’intero film si svolge in una villa sul Circeo). La voce over che introduce storia e personaggi è un classico espediente vanziniano dai tempi di Arrivano i gatti, ma qui risulta fuori luogo proprio perché l’universo femminile di Vanzina non riesce più a raccontarsi con spontaneità e a rispecchiare la generazione a cui si riferisce.
Tre sorelle è un film fuori tempo e fuori stagione (si svolge a Ferragosto ed è stato distribuito a fine Gennaio) e non servono sguardi in macchina e messaggi rivolti al fruitore per creare empatia, perché non esiste alcuna profondità e credibilità nella scrittura dei personaggi.
Peccato perché Enrico Vanzina è sempre stato un buon sceneggiatore e anche come autore letterario ha dato risultati brillanti (da recuperare il suo giallo di qualche anno fa La sera a Roma), ma nel rilancio della commedia rosa manca quello sguardo sincero e spontaneo che ancora esisteva in Quello che le ragazze non dicono e soprattutto una visione acuta del mondo femminile che ai tempi d’oro dei Vanzina Movies ha generato ottimi film come I miei primi 40 anni e Le finte bionde.