La ruota premia i pazienti
C’è stato un tempo – per niente lontano – in cui le serie televisive high fantasy erano una bestia rara. Spesso morivano dopo al massimo un paio di stagioni. È chiaro anche all’osservatore poco esperto che dopo Game of Thrones c’è stato un netto cambiamento da questo punto di vista, e che un po’ tutti i canali e le piattaforme stiano cercando un prodotto simile che possa replicarne il successo.
A pochi mesi dall’arrivo della serie TV tratta da Il Signore degli Anelli, Amazon Studios ha tirato fuori un altro pezzo grosso della letteratura fantasy (metaforicamente e anche fisicamente, visto che sono quattordici volumi alti una mano), La ruota del tempo di Robert Jordan. Al centro della storia, c’è una profezia secondo la quale, in un ritorno ciclico del tempo, è ri-nato il Drago Rinato (ma valà?!) che o salverà il mondo o lo porterà alla rovina come ha già fatto in un precedente “giro della ruota”.
Ma le vere protagoniste sono le Aes Sedai, un gruppo di monache/maghe/guerriere, uniche detentrici della magia (che è vietata agli uomini), con un sistema gerarchico complicatissimo. Una di loro, Moraine, gira il mondo da anni alla ricerca di giovani uomini e donne che rispettino i criteri della profezia, e ne trova cinque, tutti nel villaggio di Two Rivers: è praticamente certo che uno sia il Drago, quindi parte con loro alla volta della torre delle Aes Sedai, con la speranza che il prescelto si riveli. Questo in una serie che descrive un mondo molto più complesso e intricato, e dove la magia è usata un po’ più prosaicamente di quel che ci si aspetta.
Le otto puntate della prima stagione sono davvero dense (pur tagliando e cambiando tantissimo dai libri, li perdonino gli esegeti di Jordan): gli spiegoni sono inevitabili, specialmente all’inizio, ma una volta avviata, la trama galoppa così tanto che, alla fine, sembra impossibile aver visto solo una manciata di episodi. Ci sono costumi stupendi, vasti paesaggi, intrighi di palazzo, ma La ruota del tempo si differenzia piuttosto nettamente da altri prodotti fantasy. Prima di tutto, essendo le uniche a poter maneggiare la magia, le donne sono per una volta al centro della storia (questo binomio uomo/donna è molto problematico con gli occhi della gender theory di oggi, e confesso che a tratti è fastidioso, ma mi prendo la vittoria che posso prendermi). Inoltre, evita di buttarsi sul “sesso e draghi” che aveva dettato il successo del suo predecessore (e, per esempio, di The Witcher), ma non cerca neanche l’epica eroica da Signore degli Anelli. È comunque incoraggiante vedere qualcuno che prova una strada diversa invece di tornare sul sentiero battuto. I molti personaggi hanno delle motivazioni così complesse che stare dietro a tutti fa quasi girare la testa; è un piacere guardarli, ad ogni modo, anche per merito dell’ottimo cast, specialmente negli attori più esperti. Moraine è interpretata da una Rosamund Pike (Gone Girl, I Care A Lot) sopraffina, perfetta nei panni di una donna senza età e dall’infinita saggezza.
Per La ruota del tempo, probabilmente come per qualsiasi altra serie tv fantasy, vale la regola che serve pazienza e attenzione per farsi prendere ma una volta superato lo scoglio, ne vale veramente la pena.