Il vecchio e il nuovo Bandicoot
Il 29 giugno 2017 una recensione pubblicata su Games Radar paragonava la difficoltà di Crash Bandicoot: N. Sane Trilogy a quella di Dark Souls, il punitivo action rpg di Fromsoftware, affermando che qualcosa doveva essere andato storto nello sviluppo dell’atteso remake, incorrettamente etichettato come remaster, perché l’esperienza di gioco appariva snaturata. L’articolo fu preso in giro dalla comunità dei videogiocatori sul web proprio mentre il titolo Activision superava tutte le aspettative di vendita, diventando uno dei remake di maggior successo per PS4.
A distanza di pochi anni, l’uscita di Crash Bandicoot 4: It’s About Time, preceduta dalla distribuzione di alcuni livelli aggiuntivi ultra-difficili per la N. Sane Trilogy, ci fa pensare che la recensione negativa sia stata una pubblicità involontariamente efficace per il ritorno della serie molto amata negli anni ‘90, tanto che gli sviluppatori hanno scelto di cavalcare l’onda positiva ed alzare drasticamente la difficoltà.
Quando, a Natale 1996, il coloratissimo Crash Bandicoot fu distribuito nei negozi e si tentò d’imporre il marsupiale rotante come icona platform di Sony, molti accusarono il gioco di essere troppo bidimensionale e quindi reso obsoleto dalla presenza ingombrante di Super Mario 64, uscito lo stesso anno per la console Nintendo. Il tempo è stato clemente col primo successo di Naughty Dog e oggi che tanti sviluppatori scelgono coscientemente l’essenzialità del platform a scorrimento o la bellezza dell’animazione 2D, possiamo apprezzare anche l’ingegno con cui Crash Bandicoot sfruttava la terza dimensione mantenendo un’impostazione semplice e immediata: le fughe a uscire dallo schermo, i fluidi cambi di direzione (e inquadratura), la possibilità di evitare i nemici muovendosi in tutte le direzioni. Sono marchi di fabbrica che non fecero urlare al capolavoro ma, cionondimeno, si sono mantenuti inalterati fino ad oggi. Della difficoltà non si parlava; passava inosservata in un’epoca nella quale i giochi per console subivano ancora l’influenza spietata dei cabinati.
Facciamo un salto di venticinque anni. Uno studio specializzato in giochi su licenza e remake – non Naughty Dog che, com’è noto, è diventata troppo grande per occuparsi ancora di platform – produce un capitolo originale di Crash Bandicoot, che riprende la storia laddove ebbe il suo canto del cigno, cioè da Crash Bandicoot 3: Warped. I capitoli successivi, commercialmente più sfortunati, sono citati e giocosamente presi di mira mentre l’impostazione dei livelli torna alle gloriose radici con lo scorrimento in direzione variabile. Anche l’accoppiata mondi/viaggi nello spazio e nel tempo, prelavata direttamente da Warped, crea l’occasione per una irresistibile carrellata di coloratissimi livelli, pieni di umorismo e rigiocabili grazie alle numerose sfide per completisti. Ora, per la prima volta, notiamo un reale aumento della difficoltà, non limitato alle sfide facoltative ma presente nel percorso “principale”. Se la preoccupazione di non avere più i riflessi fulminei di un tempo può insinuarsi nella mente del giocatore nostalgico, sarà il livello “Cortex Castle” a eliminare ogni residuo di dubbio: Crash Bandicoot 4 è notevolmente più difficile dei suoi predecessori. Che Toys for Bob e Activision stiano lavorando per raggiungere i giovani hardcore gamers? È una possibilità ma intanto le voci informali di un quinto capitolo in sviluppo si moltiplicano.