Morale prossima nostra (?)
Durante la prima edizione della Festa del Cinema di Roma (era il 2006) fu presentato quello che è attualmente l’unico lavoro cinematografico del critico e saggista Marcello Garofalo. Tre donne morali dopo l’anteprima romana uscì in pochissime sale restando praticamente invisibile e raccogliendo solamente l’interesse e il plauso di parte della critica e degli addetti ai lavori.
Ci sono opere contemporanee in grado di dimostrare l’esistenza di una controtendenza all’interno del cinema italiano nei confronti del piatto conformismo tanto additato dalla critica e spesso dilagante (da almeno vent’anni) nelle filmografie più dichiaratamente medio-borghesi. Tuttavia esistono ancora in Italia autori che hanno il coraggio di usare il mezzo cinematografico non per fare banalmente cinema di narrazione, sfruttando meccanismi narrativi ben oleati, ma opere che destrutturano linguaggi e forme precostituite per riflettere sullo stato della cultura stessa (quindi del prodotto d’arte e d’intelletto). Tre donne morali riesce proprio ad essere questo, un cine-pugno alternativo e squassante che prende per bavero il conformismo muovendosi tra alto e basso, colto e popolare, facendosi pamphlet ironico e malinconico, tenero e dolente.
Garofalo mette insieme tre regine assolute del teatro italiano, Marina Confalone, Piera Degli Esposti e Lucia Ragni, tre donne per rappresentare tre punti di vista diversi sul concetto di morale in relazione alla società, alla politica, all’arte e alla cultura in genere. Il film non ha una vera e propria trama se non quella di mettere in scena le confessioni/interviste, a un invisibile intervistatore/confessore, di una maestra elementare, una ex religiosa cinefila e una pittrice, le quali dissertano con ironia e feroce sarcasmo sulla fine della morale in Italia.
La forma da mockumentary si apre al teatro e all’opera-blob con mescolanza di materiali d’archivio sulla storia e la società italiana, portando però avanti (nel mare magnum di citazioni cinematografiche e letterarie) una certa aderenza al modello pasoliniano. Tre donne morali cita a più riprese il pensiero di Pasolini, specialmente legato alla società dei consumi, e Salò o le 120 giornate di Sodoma non rifulge solamente nella proverbiale battuta di Marina Confalone nei confronti della Tv spazzatura (<<Vedendo una striscia di cioccolato rigare il volto di una di queste deficienti ho subito pensato a Salò di Pasolini>>), ma anche nel fare ammiccante e provocatorio della ex monaca cinefila di Piera Degli Esposti e in quello della bislacca pittrice di Lucia Ragni, molto vicine alle narratrici del capolavoro terminale del grande regista e intellettuale italiano.
Spiace che una gemma cinematografica così arguta e ficcante debba restare un elefante bianco, non avendo mai avuto una distribuzione Home video. Si spera che con il tempo Tre donne morali ricompaia alla luce di qualche cineteca o retrospettiva festivaliera per poi uscire in veste di Blu-ray 4K.