Dove lo spirito dimora e giace
Poco sotto la superficie delle grinze ironiche e satiriche de La Quarta guerra mondiale c’è un messaggio che rispecchia la citazione di Agostino d’Ippona in apertura di volume: “Cosa c’è da biasimare nella guerra? L’uccidere uomini che un giorno dovranno morire?”. Domande retoriche che si trasformano appunto nei corpi dei soldati sfregiati, maciullati e squartati, messi in quadro da Spugna con arrogante fantasia e gommosa plasticità.
Corpi che già rappresentano, tramite i loro dettagli, l’impossibilità di rendere qualsiasi tipo di scontro fisico un conflitto democratico. Ogni figura infatti è sempre più enorme e possente di quella vista precedentemente e questo già dichiara che non c’è scampo, non c’è via di fuga né equilibrio tra le parti: comunque sia, quella più grande, imbattibile e non assecondabile di tutte sempre è – e sempre sarà – la morte.
Il percorso narrativo che ci conduce a queste conclusioni è messo assieme egregiamente da Marco Taddei, che per rendere più accattivante la dimensione figurale del racconto, utilizza come protagonisti due personaggi in qualche modo complementari: il triste e miserabile Otto, dell’esercito del Vecchio Mondo, e il sarcastico e feroce Burger, soldato del Nuovo Mondo. L’epopea che saranno costretti ad affrontare sarà quindi senza esclusione di colpi: un viaggio plumbeo su di una “fury road” alla ricerca di un segreto che potrebbe cambiare le sorti dell’umanità. Ma oltre al bisogno di raccontare l’assurdità della guerra come delirio di ogni espressione socio-culturale, quella che emerge con grande limpidezza è una precisa e puntuale fenomenologia del potere. Nella divisione che il noto sociologo tedesco Heinrich Popitz dava delle sue forme, pare infatti emergere perfettamente il contesto lucido e spietato del lavoro di Spugna e Taddei: il potere di offendere (la violenza), il potere strumentale (minacciare), il potere d’autorità, il potere di creare dati di fatto (l’agire tecnico). Senza volare troppo alto, nella struttura de La Quarta guerra mondiale ci sono luoghi, atteggiamenti, visioni che chiaramente enunciano questi quattro spazi formali che purtroppo legano indissolubilmente l’essere umano alla necessità e alla ricerca continua del conflitto. Che siano eserciti grotteschi, giganteschi cannoni divini o elaborate forme di dileggio, nel fumetto di Spugna e Taddei ogni pezzo sembra essere al posto giusto per narrare nel migliore dei modi questo brutto fattaccio che si chiama guerra. E chi lo sa se mai scopriremo quella “Camera della Pace” tanto ricercata e ambita dallo spavaldo Burger. Per adesso ci basti sapere una sola cosa: che lo spirito vi dimora e giace.