Dreams
Hong Kong Express (1994), il terzo film di Wong Kar-wai, opera leggerissima e stratificata, semplicissima e contemporaneamente misteriosa e ammaliante, è diviso in due episodi che si “sfiorano” per un quasi impercettibile incontro e che mettono in scena l’idea dell’amore come ossessione del rimpianto e/o del desiderio. Le due storie sono state realizzate da due diversi direttori della fotografia: più notturno e con colori e atmosfere al neon il lavoro di Christopher Doyle nel primo episodio, più lucente il lavoro di Andrew Lau nel secondo.
Hong Kong Express torna nelle sale italiane grazie alla Tucker Film, a cui già poche settimane fa è andato il merito di aver distribuito la versione restaurata di In the Mood for Love. Se il film del 2000 aveva, diciamo così, consacrato con tutti i crismi Kar-wai come uno dei registi fondamentali del cinema contemporaneo, Hong Kong Express è stato il film che probabilmente ha mostrato per la prima volta al mondo il suo talento.
E dire che, sapendo che venne scritto e diretto nelle pause di lavorazione di Ashes of Time e sulla base di un copione che si evolveva giorno dopo giorno, potrebbe dare l’idea di essere un film quasi improvvisato, l’effetto di un’intuizione del regista fulminea e casuale. Il risultato però è straordinario e, del resto, in qualche modo il caso stesso non è uno dei punti fermi della poetica di Kar-wai? È il caso che vuole, per esempio, che due persone si sfiorino per un attimo in un certo momento che diventa decisivo; il caso che in questo modo crea il contrasto, altrettanto fondamentale nel cinema del regista, tra lo scorrere del tempo e lo scorrere del desiderio. Nei due episodi del film il tempo “dei desideri”, che siano quelli del rimpianto di una persona che non torna o quelli della speranza che qualcuno si accorga di quanto potremmo cambiargli la vita, in qualche modo cristallizza l’effettivo tempo cronologico, condannandolo ad una coazione a ripetere di gesti, riti, piatti ordinati e canzoni ascoltate e rispecchiandolo nelle ossessioni dei personaggi. Non c’è quindi la percezione di un fluire cronologico delle cose, quanto il fluire più liquido e disordinato dei meandri e degli sguardi interiori. Tutto, del resto, pare in qualche modo liquido in Hong Kong Express, che assomiglia ad un susseguirsi sfuggente e coerente di visioni, suggestioni, stati d’animo, desideri, sentimenti e attimi, mixati in sequenze furiose per il montaggio o per i movimenti di macchina, oppure immortalati in splendide e placide immagini che possono sembrare quadri. L’unica cosa concreta di questo film straordinario è l’impatto, emotivo ed estetico, sullo spettatore. La cinepresa di Kar-wai, come in In the Mood for Love, pare spiare i personaggi, talvolta da lontano con la calma del pedinatore distaccato, talaltra da vicino con la furia di chi vuol essere partecipe, rendendo in questo modo per primi partecipi noi spettatori.
Hong Kong Express (Chongqing senlin, Hong Kong 1994) REGIA Wong Kar-wai. CAST Brigitte Lin, Takeshi Kaneshiro, Faye Wong, Tony Leung, Jinquan Chen. SCENEGGIATURA Wong Kar-wai. FOTOGRAFIA Christopher Doyle, Andrew Lau. MUSICHE Frankie Chan, Roel A. García. Sentimentale, durata 102 minuti.