Due esordi eccellenti
Un’estetica forgiata da principi di liberazione psicologica, sessuale e politica e il disprezzo per la cultura dell’oblio; la legittimazione della fiaba e una vita che sia priva di compromessi. Questo accomuna due esclusi eccellenti, almeno per chi scrive, dall’assegnazione dei premi alla 71esima edizione del Festival di Berlino: The Scary of Sixty-First (sezione Encounters) e Tzarevna Scaling (sezione Forum).
Tzarevna Scaling, debutto di Uldus Bakhtiozina (classe ‘86), è l’incontro ipotetico tra i sogni lucidi e acidi di Jan Švankmajer e il rigore visivamente poetico di Sergej Paradžanov. Polina è la figlia di un pescatore divorata dalla quotidianità nel lavoro dentro un food truck, dall’incapacità di trovare uno scopo che la risvegli dal torpore emotivo, e avvilita da un sonno che è tutto fuorché ristoratore. Una babushka, in cerca di cibo per i suoi gatti, le offre un tè ristoratore che porterà la giovane Polina in una personale fiaba russa. Polina diventerà, finalmente, la protagonista della sua stessa vita cercando la “tzarevna” che è in lei, affrontando prove tra il serio e il faceto, donne inquietanti e uno scenario degno dei migliori servizi fotografici che potete trovare su Vogue.
Non è un caso, appunto, che la regista abbia fatto la “gavetta” lavorando per Gucci, dirigendo cortometraggi di moda e lavorando come fotografa, tanto da essere nominata da Vogue Italia come Miglior fotografa al Photovogue. Non c’è niente di nuovo nel suo tentativo di cambiare il mondo attraverso l’arte, ma la cura nei dettagli (nel film riveste anche il ruolo di costume designer), e l’aura in bilico tra videoarte, photoshoot e cinema narrativo del passato, donano a Tzarevna Scaling un raro equilibrio tra tridimensionalità e leggerezza, lasciando addosso al pubblico il profumo di una gioventù destinata a non finire mai e il sorriso che permane al risveglio dopo un bel sogno.
Più creepy, per quanto abbia parecchie venature comiche, The Scary of Sixty-First, tra omaggi a Eyes Wide Shut e j’accuse sussurrati a denti stretti. Dasha Nekrasova, al suo debutto, porta una estetica che oscilla tra i frame soft porn di Tumblr e i servizi patinati sui primi numeri di Penthouse: impossibile non adorarlo. La podcaster ha sviluppato l’idea dopo il suicidio (?) di Jeffrey Epstein portando alla Berlinale una delle teorie che circolano sull’uomo: Epstein è stato ucciso? Addie (Betsey Brown) e Noelle (Madeline Quinn), si sono appena trasferite a Manhattan, in uno degli appartamenti che apparteneva al pedofilo ed ex uomo d’affari newyorkese Epstein. La convivenza sembra procedere serenamente finché per Addie non iniziano gli incubi, e nella vita della cinica Noelle arriva una ragazza, senza nome, interpretata dalla stessa Nekrasova. Inizia così per Noelle e la ragazza una relazione sentimentale e tossica, fatta di ricerche ossessive sulla morte di Epstein mentre, parallelamente, Addie viene posseduta dallo spirito dell’appartamento, tanto da masturbarsi ossessivamente sulle foto del principe Andrew, in scene che hanno lo stesso fascino di un incidente mortale su strada: non vuoi guardare eppure ci butti lo stesso un’occhiata. Al di là della cura estetica, dei momenti camp e di un finale che strappa un sorriso, The Scary of Sixty-First è l’accusa, senza pretese moraleggianti o intellettuali, nei confronti di un paese che non ha memoria, soprattutto quando si tratta di trattenere gli episodi più vergognosi della storia americana che coinvolge fin troppi nomi importanti, dalla politica allo spettacolo passando per la Royal Family.
Thomas Wolfe, un grande autore poco conosciuto in Italia, scriveva agli inizi del secolo scorso che l’America, a un certo punto, aveva perso la propria strada e che, in quanto esseri umani, siamo sempre spinti in avanti con la speranza, un giorno, di essere ritrovati e perdonati. Per Dasha Nekrasova alcune cose non possono essere perdonate perché non devono essere dimenticate, e The Scary of Sixty-First è l’orrore che dobbiamo portarci negli occhi per non ripetere i soliti errori.
The Scary of Sixty-First [id., USA 2021] REGIA Dasha Nekrasova.
CAST Betsey Brown, Madeline Quinn, Dasha Nekrasova.
SCENEGGIATURA Madeline Quinn, Dasha Nekrasova.
FOTOGRAFIA Hunter Zimny. MUSICHE Eli Keszler.
Horror/Thriller, durata 81 minuti.
The Fisherman’s Daughter [Tzarevna Scaling, Russia 2020] REGIA Uldus Bakhtiozina.
CAST Viktoria Assovskaya, Uldus Bakhtiozina, Albina Berens, Alina Korol.
SCENEGGIATURA Uldus Bakhtiozina. FOTOGRAFIA Uldus Bakhtiozina.
Commedia/Drammatico, durata 70 minuti.