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Appunti dalla 39ª edizione delle Giornate del Cinema muto

sabato 24 Ottobre, 2020 | di Edoardo Peretti
Appunti dalla 39ª edizione delle Giornate del Cinema muto
Festival
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Inseguimenti
Nella variegata offerta delle Giornate del cinema muto di cui si è da pochi giorni conclusa la 39ª edizione, tenutasi tra Pordenone e l’online – non sono mancati la commedia e il comico, con riscoperte poco note che permettono di aggiungere tasselli alle ricostruzioni storiografiche, o con opere che permettono di allargare lo sguardo su personaggi e stili comici già decisamente noti. 

È il caso quest’ultimo della selezione di corti da “solisti” di Stan Laurel e Oliver Hardy, realizzati tra il 1912 e il 1924, nei quali possiamo intravedere i semi di molte delle caratteristiche principali della coppia comica: così, per esempio, in Moonlight and Noises (1924) Stan dirige Clyde Cook e Noah Young in duetti, incidenti e scontri molto simili a quelli che diventeranno celebri alcuni anni dopo, mentre Oliver in The Rent Collector (1921) diventerà la vittima, spesso involontaria, delle azioni del trasognato e ingenuo protagonista Larry Semon.

Protagonista del piccolo gioiello Toodles, Tom and Trouble (1915) di Lloyd F. Lonnergan (una comica “Falstaff” prodotta dalla Thanhouser) è invece Colin Campbell, perfetto nel dare il volto alla cialtronaggine e alla sbadataggine di un uomo qualunque.

Estraneo all’esplosione parossistica della violenza tipica di Mack Senett, il cortometraggio è una commedia degli equivoci che acquista velocità e vivacità nell’inseguimento che caratterizza buona parte della sua durata. Lonnergan realizza un film non privo di cattiveria in cui, per esempio, è possibile vedere l’apparente morte per esplosione di un neonato e di un cane, sfruttando soprattutto “l’effetto speciale” della stop motion. Riecheggia quindi anche come in quegli anni gli strumenti dell’animazione, che stava iniziando a diventare un genere indipendente, fossero ancora, secondo per esempio la lezione di Segundo de Chomón, alcuni dei trucchi che il cinema utilizzava per stupire e affascinare, in questo caso in una cornice narrativa già, pur nella sua semplicità, evidente e coerente.

Castelli e palazzi cechi (1916) di Karel Hašler, invece, inizia come “travelogue” dedicato alle fortezze della Cecoslovacchia e molto presto si trasforma in una corsa contro il tempo e gli ostacoli sparsi nel cammino di un attore il quale, in visita ad uno dei castelli rappresentati, si ricorda di dover essere in teatro a Praga, rendendosi conto di avere mezz’ora di tempo e 30 km da percorrere per non arrivare in ritardo. Il cortometraggio era proiettato come prologo del vero spettacolo dell’attore protagonista (Karel Hašler), in una maniera non così lontana dall’avanguardia di opere come Entr’acte di René Clair: un’altra testimonianza, in qualche modo, di come il cinema fosse in quegli anni a metà del guado tra la natura di attrazione nata per stupire gli spettatori e una maggiore consapevolezza e indipendenza delle proprie potenzialità.

Una delle riscoperte più interessanti di questa edizione del festival è stata La tempesta in un cranio (1921) di Carlo Campogalliani, anche protagonista. Inizia come commedia di caratteri borghesi, gentilmente ironica e surreale – su tutto, il sorriso mordente sulla psicoanalisi intesa come “nuova moda” – e acquista i connotati del film di fughe e inseguimenti. È una commedia pirandelliana caratterizzata da sogni, maschere e percezioni di sé differenti e mutevoli, notevole nella prima parte, un po’ ripetitiva nella seconda, ma comunque deliziosa.

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