Il classicismo meticcio di Ciro Guerra
Waiting for the Barbarians è una coproduzione Stati Uniti/Italia ed è il film con cui la Iervolino Entertainment fa il salto nel cinema che conta. Proprio in Italia, oltre che in Marocco, sono state effettuate le riprese di questa trasposizione molto fedele del romanzo omonimo di Coetzee, sceneggiata dallo stesso scrittore, in cui la rappresentazione dello spazio ha una grande importanza.
In particolare, nel loro fascino desertico, nella loro calda luce naturale, si ritagliano un ruolo da coprotagonista i luoghi scelti per ambientare gli esterni, filmati con il consueto talento visivo da Guerra e dall’esperto direttore della fotografia Chris Menges (Mission, Le tre sepolture) che, tra luci di torce o candele e blu notturni, rinuncia ai colori desaturati da film in costume, sottolineando la modernità di un passato di violenze dell’uomo sull’uomo, tanto indefinito quanto attuale.
Film di frontiera, in cui la questione centrale è chi sta dentro/chi sta fuori, chi comanda/chi obbedisce, chi appartiene per etnia e atavico privilegio all’Impero coloniale/chi ne è escluso, Waiting for the Barbarians fa del meticciato un programma. Così, nelle location mediterranee si muovono attori rigorosamente occidentali (il mite Rylance, il sadico Pattinson dai denti leggermente troppo lunghi proprio come Coetzee descrive il suo personaggio, l’inquietante Depp, sguardo fisso e volto senza rughe da manichino, cazzimma militaresca alla M. Bison e occhiali da sole alla Pinochet), ma anche comparse dai volti nordafricani, mentre i “barbari” hanno tratti asiatici, come l’attrice mongola Gana Bayarsaikhan, oppure somigliano, nella lingua e nel volto, ai nativi dell’America settentrionale o centromeridionale.
Il film piacerà di più a chi non ha letto il romanzo di Coetzee e a chi non ha mai visto i film precedenti di Ciro Guerra (viaggi esistenziali a due come La sombra del caminante e lo straordinario Los viajes del viento, suggestive riflessioni sullo scontro tra culture come El abrazo de la serpiente e Oro verde). Fuori dalla sua Colombia, il cinema di Guerra perde un po’ di profondità e originalità, si adagia in alcuni momenti sulla confortante medietà del cinema-esperanto da festival, abbandona l’urgenza che lo aveva contraddistinto. In più, nei confronti del libro, il film non restituisce né quell’ossessività del pensiero che era tutt’uno con la prima persona singolare del protagonista e narratore, l’angosciato magistrato interpretato da Rylance, né le mille sfumature – anche erotiche – del suo rapporto con la donna “barbara” e della personalità di costei, nel film per nulla approfonditi. Ma nella semplificazione del passaggio dalla pagina scritta all’audiovisivo, Guerra dimostra una capacità di sintesi narrativa, una classicità dello stile, un’abilità nel dirigere i suoi interpreti, un ritmo piano ma non estenuante, che fanno sperare in una sua carriera hollywoodiana, magari parallela a progetti più personali e autoriali, meno tradizionali.
Waiting for the Barbarians [id., Italia/USA 2019] REGIA Ciro Guerra.
CAST Mark Rylance, Johnny Depp, Robert Pattinson, Gana Bayarsaikhan.
SCENEGGIATURA John Maxwell Coetzee (tratto dall’omonimo romanzo di J.M. Coetzee). FOTOGRAFIA Chris Menges. MUSICHE Giampiero Ambrosi.
Drammatico, durata 112 minuti.