Banane e soldoni
Una gita sul lago, un’onda improvvisa che fa ribaltare la barca e una serie infinita di cause, prestanomi, società offshore, arrivisti e truffatori che si frappongono fra Ellen Martin (che nell’incidente ha perso il marito) e la verità. Sembra tutto inventato ma, al contrario, è il racconto tragicomico della nascita dei “Panama Papers”.
Le vicende che ruotano attorno allo studio panamense Mossack Fonseca sono diventate di dominio pubblico il 3 aprile 2016 grazie un leak pubblicato da un informatore segreto, conosciuto con lo pseudonimo evocativo John Doe, contenente quasi 3 terabyte di documenti confidenziali. Questi documenti riguardano operazioni di spostamento di ingenti capitali in paradisi fiscali da parte di società offshore, possibili grazie alla costruzione di un meccanismo a scatole cinesi fatto di prestanomi, società fittizie e una serie infinita di trucchetti legati al mondo della finanza. La ricostruzione della vicenda ha una complessità paragonabile al racconto della bolla economica scoppiata nel 2007-2008 in La grande scommessa, ma mentre Adam McKay esige attenzione, enumera termini specifici, fatti e nomi come fosse un reportage di settore, Soderbergh con The Laundromat sceglie la strada del grande pubblico cavalcando quel docile mastino che è la commedia nera. Il registro è sempre da giallo di spionaggio ma ci troviamo più dalle parti di The Informant! che nei dietro le quinte di High Flying Birds anche se a regnare è sempre la coppia capitalismo-menzogna, che contraddistingue buona parte della produzione del regista americano.
Rispetto a quei film, The Laundromat – che in Italia uscirà come Panama Papers – è un’operazione più ambiziosa, una favola nera dove i personaggi agiscono e commentano, in un gioco da “teatro nel teatro dell’assurdo” che, una volta conquistata la fiducia e la complicità dello spettatore con battute e situazioni parossistiche (su tutte l’idea che il tempo sia interpretabile per giustificare la retrodatazione di una firma), cambia pelle per diventare manifesto (auto)ironico. Bastano, in realtà, pochi minuti al regista per porre la questione. Quell’onda che, nella sequenza iniziale, fa ribaltare una barchetta dove nessuno, compreso il capitano e il suo vice, sembra curarsi di cosa stia accadendo due passi più in là, è il vagito di uno tsunami economico, metafora della distrazione di una massa inerme da parte del capitalismo più sfrenato.
The Laundromat [id., USA 2019] REGIA Steven Soderbergh.
CAST Meryl Streep, Gary Oldman, Antonio Banderas, Melissa Rauch, Jeffrey Wright, David Schwimmer.
SCENEGGIATURA Scott Z. Burns. FOTOGRAFIA Steven Soderbergh. MUSICHE David Holmes.
Commedia, durata 96 minuti.