“Is it just me, or is it getting crazier out there?”
Joker è una variazione in chiave cruda e realistica della genesi del pagliaccio assassino più celebre al mondo. Ha sorpreso i frequentatori della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia diventando il primo cine-fumetto targato DC a concorrere per il Leone d’Oro.
Se scandalizzare l’odierno pubblico di cinefili onnivori è praticamente impossibile, è tuttavia legittimo chiedersi se la contaminazione tra cinema d’autore e storia supereroistica sia ben riuscita. Che essa sia possibile dovremmo darlo per scontato, essendo numerosi gli esempi fumettistici di storie autoconclusive che rivisitano i miti in calzamaglia, arricchendoli di un intento destrutturante o di una dimensione d’autore. Joker, infatti, è un’opera di continuità piuttosto che di rottura, che segue col consueto ritardo l’evoluzione del fumetto americano. Il film di Todd Phillips reinventa liberamente la storia assecondando la propria vocazione al realismo, una tendenza già apprezzabile nei lavori di Christopher Nolan, che cercavano con successo una sintesi tra il gusto personale e le esigenze commerciali della serialità cinematografica. Già emergono le prime differenze, certamente fondamentali per la sua presenza festivaliera: Joker ha un equilibrio diverso ed è più vicino che mai a un graphic novel. Come tale, sarebbe un errore madornale immaginarne un seguito e ci si provocherebbe un mal di testa se si provasse a inserirlo in un universo condiviso con altre opere. È un film, non l’inizio di un progetto, e, anche se ci strizza l’occhio mostrando un Bruce Wayne ancora in tenera età, è bene che non produca figliazioni. I riferimenti al “dopo” e a un universo narrativo più grande di ciò che viene mostrato, per nulla necessari in un’operazione così radicale, hanno il pregio di essere inseriti con gusto. Essi aggiungono al film quel piacere della ripetizione, della rifondazione del mito, che è tipico del fumetto e non interferiscono con le sue intenzioni di fondo, che stanno altrove.
Per comprendere tali intenzioni basta cercare i suoi riferimenti narrativi. Quelli fumettistici, al di là di Bob Kane per i personaggi, si limitano a poche citazioni da Alan Moore e Frank Miller e la storia sembra maggiormente in debito col cinema, da Re per una notte a Taxi Driver. Joker racconta di un emarginato con problemi psichiatrici alle prese con una crisi del lavoro che non lascia scampo ai più deboli. Tra i problemi famigliari e l’orribile scoperta che i suoi sogni non coincidono con le sue vocazioni, egli sviluppa un desiderio di rivalsa irrazionale, di vendetta personale contro l’anonimo “uomo che vive ai piani alti”, un bisogno di dimostrare pubblicamente il proprio stato emotivo senza conoscere le parole per farlo; quindi, con la violenza. Ciò che sorprende di più è la presenza massiccia ed esplicita del discorso politico: a Gotham il welfare non raggiunge i più deboli, i servizi sociali non sono più finanziati, le rivolte popolari non cercano soluzioni ma solo sfoghi. Per essere cine-fumetto, Joker è un film davvero poco conciliante.
Joker [id., USA 2019] REGIA Todd Phillips.
CAST Joaquin Phoenix, Robert De Niro, Zazie Beetz, Frances Conroy, Brett Cullen.
SCENEGGIATURA Todd Phillips, Scott Silver. FOTOGRAFIA Lawrence Sher. MUSICHE Hildur Guðnadóttir. MONTAGGIO Jeff Groth.
Drammatico, durata 118 minuti.