38° Premio “Sergio Amidei”, 18 – 24 luglio 2019, Gorizia
In direzione ostinata e contraria
Uno dei film più ellittici mai realizzati, quasi incomprensibile a una prima visione, soprattutto se lo spettatore non ha letto il romanzo Biliardo alle nove e mezzo di Böll, a cui si ispira. Assolutamente innovativo per l’epoca, per l’uso dei flashback, manifestazione perfetta della ciclicità del nazismo.
Gli attori non professionisti recitano con forte accento, in presa diretta e in modo totalmente antinaturalistico, brechtiano. Nessun sentimento, nessuna psicologia, nessun compromesso con lo spettacolo. La semplice investigazione della realtà. La lotta di classe. La purezza del cinema contro i film “ben fatti”. L’immagine «povera (come in Bresson), sciatta (come in Rossellini)» (Adriano Aprà, Nuovi argomenti, n. 2, aprile-giugno 1966).
Uno sperimentalismo che rende i film di Straub e Huillet particolarmente emblematici del cinema della modernità, nella libertà e nell’infrazione dei codici del linguaggio cinematografico tradizionale, considerato un’espressione pornografica dei valori borghesi. Eppure, Non riconciliati, o solo violenza aiuta, dove violenza regna intende terrorizzare i produttori, non il pubblico. Autoprodotto grazie a una colletta tra amici, a cui partecipa anche Godard, è un film che tiene in massima considerazione l’intelligenza degli spettatori. È un film che si presenta come un atto politico, in cui la forma è del tutto coerente con il contenuto, inscindibile da esso. Se può sembrare che sia dedicato idealmente a una minoranza di marxisti proletari, nella realtà difficili da raggiungere, anche solo per le difficoltà distributive, intimamente coltiva la speranza che quella minoranza sia la maggioranza di domani. Di fatto, si rivolge, per criticarli, ai tedeschi borghesi che, nella Germania adenaueriana del processo di Francoforte, non sono ancora riusciti a fare i conti con il passato tragico della nazione e con le proprie responsabilità individuali, proprio come i protagonisti del film, gli architetti Fähmel di Colonia. Tocca un tasto dolente, lo dimostra la scarsa accoglienza che riceve dalla critica tedesca. Persino l’editore di Böll, Witsch, minaccia di distruggere la pellicola e ne impedisce la proiezione.
I Cahiers du cinéma, invece, lo inseriscono al terzo posto nella top ten dei migliori film del 1966 e nella recensione del film, sul numero 171, firmata Jean-Claude Biette, si citano Fritz Lang o il Dreyer di Gertrud come termini di paragone per i frequenti movimenti di recadrage, in una regia trasparente, fatta di inquadrature fisse, tranne per qualche panoramica. Un rigore stilistico che la maggior parte dei registi raggiunge a fine carriera, non nei primi film. A partire da un découpage, che sostituisce la sceneggiatura: Straub, infatti, lavora maniacalmente sul montaggio interno alle inquadrature, sulla autonomia estetica e sulla stratificazione delle stesse, di durata molto variabile, separate al montaggio da fotogrammi di pellicola bianca o nera. Un cinema anti-illusionistico e artigianale, in cui il sonoro e il visivo hanno la stessa importanza, ma sono in una relazione di reciproco straniamento. L’immagine di Non riconciliati è atonale, come la musica di Schönberg, il film è un organismo dodecafonico, privo di gerarchie.
Non riconciliati, o solo violenza aiuta, dove violenza regna [Nicht versöhnt oder Es hilft nur Gewalt, wo Gewalt herrscht, Repubblica Federale Tedesca 1965] REGIA Jean-Marie Straub.
CAST Heinrich Hargesheimer, Carlheinz Hargesheimer, Martha Staendner, Danièle Huillet, Henning Harmssen.
SCENEGGIATURA Danièle Huillet, Jean-Marie Straub (dal romanzo Biliardo alle nove e mezzo di Heinrich Böll). FOTOGRAFIA Christian Blackwood, Gerhard Ries, Wendelin Sachtler, Jean-Marie Straub. MUSICHE François Louis.
Drammatico, durata 55 minuti.