38° Premio “Sergio Amidei”, 18 – 24 luglio 2019, Gorizia
L’amore e il potere
Il cinema ha più volte affrontato i rapporti di potere presenti nelle relazioni di coppia con film che ne hanno scandagliato i diversi aspetti, quali per esempio l’interscambiabilità dei ruoli tra dominatore e dominato e la volontà masochistica di essere in balia del proprio partner.
Vanno in tale direzione titoli anche molto differenti tra loro, come l’elegante e raffinato Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson, il morboso Eva di Joseph Losey e il claustrofobico Le lacrime amare di Petra von Kant, pellicola che Rainer Werner Fassbinder trasse da un suo dramma teatrale.
Qui la protagonista è, appunto, Petra von Kant, una stilista di successo che s’innamora perdutamente della giovane Karin, aspirante modella che la donna inviterà a vivere in casa sua. Pur non provando gli stessi sentimenti della protagonista, la ragazza accetterà la proposta, sfruttando però l’amore di Petra solo per fini utilitaristici e materiali, facendola così soffrire terribilmente. Il tutto sotto gli occhi di Marlene, la silenziosa e obbediente domestica della stilista.
Risulta evidente che nella relazione tra Petra e Karin emerge con forza la tematica citata inizialmente, con la particolarità che in tal caso i rapporti di potere non si basano – come invece spesso avviene – sulle condizioni socioeconomiche dei soggetti, quanto sulla passione e sul desiderio: qui chi ama di più e con maggior ardore è destinato a essere sottomesso. Infatti, anche se Petra è avvantaggiata rispetto a Karin sotto il profilo professionale e finanziario, alla fine sarà lei a cedere a ogni capriccio e a ogni desiderio della modella, spingendosi fino all’umiliazione. Questo perché – da un punto di vista psicologico e sentimentale – è la stilista ad aver bisogno della ragazza, non il contrario: è Petra che desidera Karin, è Petra che la ama, è Petra che non riesce a vivere senza la giovane. Questioni espresse ed evidenziate tramite un’atmosfera malsana e claustrofobica, resa tale da scenografie colme di oggetti, manichini e affreschi, che – oltre a rendere soffocante il climax generale – hanno delle funzioni semantiche e drammatiche tese a sottolineare i rapporti (gerarchici, ma non solo) tra i personaggi. Tutti elementi che emergono grazie anche alla regia di Fassbinder, che punta molto su inquadrature dalla lunga durata e in profondità di campo, utili a mostrare la disposizione – pure questa funzionale alla drammatizzazione e alla significazione – delle figure nello spazio.
Scelte formali che – unite a una narrazione scandita in atti e alla recitazione innaturale delle attrici – da un lato denunciano l’origine teatrale della pellicola, mentre dall’altro contribuiscono a raffreddare una vicenda di per sé forte e sopra le righe, mostrando così la tendenza dell’autore tedesco a scarnificare il mélo per trarne i suoi significati più pregnanti e rilevanti. Punti che rendono Le lacrime amare di Petra von Kant un’opera esemplificativa tanto del filone tematico inizialmente citato quanto della poetica fassbinderiana, con la sua attenzione verso i rapporti di forza, la sua vicinanza al teatro e la sua volontà di raffreddare un genere passionale come il melodramma.
Le lacrime amare di Petra von Kant [Die bitteren tranen der Petra von Kant, Repubblica Federale Tedesca 1972] REGIA Rainer Werner Fassbinder.
CAST Margit Carstensen, Hanna Schygulla, Irm Hermann, Katrin Schaake, Eva Mattes.
SCENEGGIATURA Rainer Werner Fassbinder (tratta dal suo dramma omonimo). FOTOGRAFIA Michael Ballhaus. MUSICHE Giuseppe Verdi, The Platters, The Walker Brothers.
Drammatico, durata 124 minuti.