La stanza di papà
È un vero e proprio confronto/scontro quello che avviene all’interno dell’automobile dei tre terroristi anarchici in Mordi e fuggi di Dino Risi. Un confronto tra due classi sociali apparentemente differenti (quella della borghesia arricchita e quella del proletariato d’“assalto”), uno scontro tra due modi caratteriali e di esistere completamente agli antipodi.
Ciò che si manifesta nel lungo viaggio con il quale i nostri protagonisti attraversano buona parte del centro Italia è la messa in scena di una lotta in qualche modo fratricida, nella quale a perdere sono figure – per un motivo o per un altro – che portano in grembo un qualche tipo di miseria. Logico che a fare da poli siano da una parte l’anarchico Fabrizio, dall’altra l’industriale Giulio Borsi. Rude, determinato, ma forse in fondo bisognoso di mascherare una quantità di debolezze relazionali (i rapporti conflittuali con la madre e l’ex moglie lo dimostrano), il primo; sottomesso, vigliacco, ma forse con una enorme dose di onestà intellettuale, il secondo. In questo senso Risi si concentra sui singoli uomini, come a voler dire che quell’aspra lotta di classe non scaturisce tanto dal bisogno di sentirsi umani quanto da quello per il quale, all’inizio degli anni Settanta, si cercava timidamente di abbattere il muro insormontabile dell’incomunicabilità sociale. Non è un caso che l’intera avventura sia seguita continuamente da uno stuolo di giornalisti, televisioni e commentatori vari; attraverso il mondo perverso e viscido dei mass media, i terroristi sono alla ricerca di uno sguardo che permetta loro di tornare nuovamente a farsi ascoltare. Paradossalmente, l’ostaggio diverrà il loro interlocutore migliore: tra le situazioni che dovranno affrontare assieme, gli atteggiamenti di ostilità e le parole non dette si creerà un principio di empatia con il quale sarebbe potuta realizzarsi un’intesa che avrebbe definitivamente sancito che sì, la speranza di poter vedere nascere una nuova umanità era probabilmente possibile.
Purtroppo il tragico e violento finale non permette visioni ottimistiche e, al contrario, con subdola infamia, pone un velo nemmeno troppo trasparente su qualunque prospettiva (nel vero senso della parola) socialista. Ma un mondo in cui non ci sia speranza per un qualsiasi tipo di comunità ci viene mostrato da Risi non tanto nel finale quanto nelle parole messe in bocca al figlioletto di Borsi nel momento in cui in casa si discute del suo recente rapimento. Parole ciniche, che fanno rabbrividire e che mettono una pietra tombale su affetti e speranze: «Mamma, se a papà dovesse succedere qualcosa io mi prendo la stanza sua».
Mordi e fuggi [id., Francia/Italia 1972] REGIA Dino Risi.
CAST Marcello Mastroianni, Oliver Reed, Carole André, Lionel Stander, Bruno Cirino, Nicoletta Machiavelli, Gianni Agus, Marcello Mandò.
SCENEGGIATURA Ruggero Maccari, Dino Risi, Bernardino Zapponi. FOTOGRAFIA Luciano Tovoli. MUSICHE Carlo Rustichelli.
Commedia, durata 104 minuti.