Ça va sans dire
Nella Milano tra anni Settanta e Novanta, Santo Russo è un “imprenditore” che prova a scalare, in modo irregolare, le gerarchie del sistema della ‘ndrangheta. Si troverà presto a dover fare i conti con le conseguenze di una vita all’insegna dello sgarro.
Ispirato a Manager calibro 9, che racconta la storia di Saverio Morabito, un pentito della mafia calabrese, Lo spietato di Renato De Maria è un film che cerca di reinterpretare tanto la storia della cronaca quanto quella del cinema di genere italiano. È evidente che i modelli stilistici siano quelli del noir e del poliziottesco degli anni Settanta (con qualche sfumatura francese qua e là): nelle vicende raccontate c’è infatti un modo – tipico del cinema di quei filoni – di volersi porre sempre un po’ sopra le righe. Lo stesso Santo Russo è un personaggio che accentua molti tratti passando da eccessi da macchietta a impeti grottescamente violenti.
Tuttavia Scamarcio svolge il suo compito egregiamente, rendendo questa figura credibile ed equilibrata nel gestire le situazioni e nell’accentuare accuratamente gli atteggiamenti più disparati. Al tempo stesso funzionano efficacemente tutti gli altri protagonisti (si punta molto, bisogna dirlo, sulla forza espressiva delle maschere messe in scena) e il concerto che ne viene fuori risulta sempre piacevole all’ascolto. I problemi però nascono su un altro piano: è un film estremamente pragmatico, splendido, splendente, esteticamente capace di sapersi dare una forma precisa e ben distinguibile (nonostante abbia quei riferimenti formali di cui ho già accennato, riesce a utilizzarli senza sprofondare mai nel pericolosissimo citazionismo gratuito), ma che si ha purtroppo la sensazione che non conduca da nessuna parte. Tolta la superficie sfavillante, sembra incanalato in una storia che si perde troppo nel particolare, che non estende mai il suo discorso fuori di sé. Sembra un mondo di cartone, quello rappresentato ne Lo spietato, un mondo in cui si esibiscono troppo gli effetti senza domandarsi mai quali siano le cause. Dove si ostentano quasi fanciullescamente gli eventi e tutto fila troppo liscio. E non ci sarebbe, probabilmente, niente di male, se fossimo ancora negli anni Novanta. Ma siamo nel 2019 e avremmo bisogno di un pochino più di qualità nella sostanza dell’espressione. Detto questo, direi che ci possiamo accontentare. D’altronde, non è che si può avere sempre ogni cosa al suo posto. Come direbbe Santo Russo, “ça va sans dire”.
Lo spietato [Italia/ Francia 2019] REGIA Renato De Maria.
CAST Riccardo Scamarcio, Sara Serraiocco, Alessio Praticò, Alessandro Tedeschi, Marie-Ange Casta, Ignazio Oliva, Michele De Virgilio.
SCENEGGIATURA Renato De Maria, Valentina Strada, Federico Gnesini (liberamente tratto dal libro Manager calibro 9 di Piero Colaprico e Luca Fazzo). FOTOGRAFIA Gian Filippo Corticelli. MUSICHE Riccardo Sinigallia, Emiliano Di Meo.
Noir, durata 111 minuti.