Giochi sporchi
Nell’epoca trumpiana gli Stati Uniti ormai sono costituiti sempre più da personaggi strafottenti, prepotenti e dediti alla ricerca del lusso e del potere: Billy McFarland è uno di questi. E chi è costui? Presto detto: il protagonista di una delle truffe (?) o catastrofi più clamorose degli ultimi anni nel settore dell’organizzazione di eventi.
Fyre racconta, infatti, il disastro del Fyre Festival, un festival musicale che nella mente di McFarland e del suo socio il rapper Ja Rule, doveva essere l’evento mediatico e artistico più importante del 2017. Due weekend all’insegna del “giusto” mix di musica “giusta”, frequentato da gente “giusta” in un ambiente esclusivo e cool (un’isola delle Bahamas). In realtà già dalle settimane precedenti e dal primo weekend, tutta questa finta aurea crollerà nell’annullo della manifestazione con ingenti danni, soprattutto morali, per chi vi partecipò. Strutture inadeguate, organizzatori mandati allo sbaraglio, influencer gabbati e una conclusione che vedrà Billy condannato a sei anni di prigione.
Il documentario targato Netflix e diretto da Chris Smith, racconta in modo ammirevole la vicenda, senza moralismi, intervistando i tanti malcapitati di questa truffa, forse involontaria, che ne segnerà le carriere. Tutto è sottolineato con incredulità: un giro spropositato di belle donne e soldi, e il ghigno strafottente e a volte ebete di Billy e del suo socio in affari. Una pratica illegale che è il frutto di un periodo storico ben preciso, in cui apparire e farsi dare credito da chi conta nello star system sembra l’unica strada possibile per riuscire nella vita. Non conta se quello che tu stai facendo è onesto o verificabile, l’importante è parlarne e uscirne con la faccia tosta di chi si sente indistruttibile.
Dopo il rovinoso weekend di Fyre Festival, McFarland ci riproverà con un’agenzia di booking farlocca e il documentario lo filma nelle sue riunioni e durante le telefonate a impresari e acquirenti ignari del suo passato. Un personaggio che potrebbe fregarci in qualunque momento della giornata, un “amico”. Poi, chiaramente, una volta saliti sul carro del vincitore si è sempre in tempo a negare l’appoggio quando tutto crolla. Proprio come la storia del Fyre Festival, il fatto che il film presenti oscuri retroscena, e non si ponga davanti allo spettatore con un giudizio moralista ma come un prodotto da confutare (trovate tutto online anche i video promozionali, magnifici nella loro trashaggine) senza comunque riuscire a farsi un’idea precisa di cosa sia successo veramente, ci dice molto di come siamo fatti oggi. Siamo sempre più sospettosi ma pronti a farci ingannare quando la massa ci crede. E la credenza della massa sa far più danni della follia di un singolo.
Fyre – La più grande festa mai avvenuta [Fyre: The Greatest Party That Never Happened, USA 2019] REGIA Chris Smith.
FOTOGRAFIA Jake Burghart, Cory Fraiman-Lott, Henry Zaballos. MONTAGGIO Jon Karmen.
Documentario, durata 97 minuti.