The Film that Lars built
Jack è un brillante architetto che vuole costruire una casa in cui far risplendere la sua opera d’arte. In cerca di ispirazione e assorto in un isolamento riflessivo, Jack incontra una donna con l’auto in panne che tenta di rendersi odiosa ai suoi occhi in ogni modo possibile. Nel momento di apice di una lucida e improvvisa follia, l’uomo dà avvio alla realizzazione della sua opera d’arte totale. La voce narrante del protagonista racconta e mette in prospettiva tutto ciò che accade, in una sorta di confessione di fronte all’eternità.
Lars von Trier firma il suo ritorno in grande stile: La casa di Jack diventa una dichiarazione da parte del cineasta per ricordarci che Lars è ancora pronto a colpirci allo stomaco con le sue opere. Il film si pone come sincretismo dell’arte intesa da un artista incorrotto, dietro cui si potrebbe celare il regista stesso, pronto a espiare i suoi peccati tanto gravi quanto inevitabili visto lo spessore della natura umana. Jack è un uomo dalla mente particolarmente acuta, capace di argute speculazioni artistiche e filosofiche, le quali si traducono per amor di trama in efferati crimini, impressionanti soprattutto per la freddezza e la risoluzione con cui vengono portati a compimento. Questo viaggio verso il profondo di un’idea artistica e, insieme, di una fulgida follia criminale guida il protagonista a vivere un’esperienza ultraterrena, un cammino infernale che lo porta a rifiutare persino quell’idea di ordine sovra-umano dalla portata cosmica che regola l’universo intero.
Grazie anche a una fotografia che si fa sempre più ostentata e surreale, oltre che a un montaggio che rende iconiche tutte le azioni di Jack e, in parallelo, le giustappone a opere d’arte insieme alle relative condizioni umane che le hanno ispirate, il film di von Trier parla appunto di arte, prima di tutto. Il percorso del viaggio scende negli abissi dell’essere umano e degli impeti artistici; Lars von Trier si concede il compiacimento di portare sullo schermo immagini extranarrative in cui porsi al livello di artisti “alti”, sottolineando con ironia la sua capacità di rappresentare l’istinto e finanche la perversione umana.
Le interpretazioni magistrali di Matt Dillon e di Bruno Ganz, che torna al cinema poco dopo la sua dipartita, danno ulteriore spessore a un film già di per sé ricchissimo sotto molti aspetti.
Rispetto agli ultimi film del regista danese, La casa di Jack si distingue per una tale pregnanza di cultura alta e bassa, per una commistione profonda e perfettamente riuscita di sacro e profano, argomento da sempre caro al cineasta, che coglie qui anche l’occasione per giocare con un genere, il thriller, in cui poter liberare tutte le ambizioni di suspense e tensione, rese in particolare dalla coscienza negli spettatori dell’inevitabilità di quanto sta per accadere. Caro Lars, bentornato.
La casa di Jack [The House that Jack Built, Danimarca/Svezia/Francia/Germania 2018] REGIA Lars von Trier.
CAST Matt Dillon, Bruno Ganz, Uma Thurman, Riley Keough.
SCENEGGIATURA Lars von Trier. FOTOGRAFIA Manuel Alberto Claro. MUSICHE Kristian Eidnes Andersen.
Thriller, durata 155 minuti.