Tanto fumo…
Fare il remake di un film di culto significa muoversi su un terreno scivoloso. Il paragone è inevitabile, soprattutto nel caso in cui si decida di scrivere un’opera fedele e di tributo, e le atmosfere dell’originale risultano sempre irripetibili, specie nel caso di un autore come Dario Argento il cui miglior cinema è strettamente legato agli anni in cui fu prodotto.
Il Suspiria di Guadagnino gestisce con furbizia il rapporto con la sua fonte d’ispirazione, prendendo in prestito personaggi e ambientazione per raccontare una storia del tutto diversa. È difficile dire se questo sia l’approccio migliore per un rifacimento, ma è certamente un buon modo per rendersi inattaccabili: i paragoni sono resi inopportuni e a chi si lamenta dell’eccessiva distanza dal film del 1977, si potrà rispondere che non ha compreso il senso dell’odierna operazione. La questione del rapporto Argento/Guadagnino è così rapidamente archiviata e possiamo passare all’analisi dell’opera, che è un film dell’orrore dal taglio autoriale e di durata anomala (150 minuti) che si fregia della propria ambientazione storicamente accurata. Ci troviamo, non a caso, a Berlino nel ’77, un anno difficile per i numerosi attentati terroristici della RAF. L’americana Susie Bannon, giunta alla prestigiosa scuola Markos per entrare a far parte di una compagnia di ballo, apprende che un’allieva ha abbandonato improvvisamente i corsi per unirsi ai gruppi sovversivi. In realtà, è sparita dopo aver riferito al proprio amico e psicoterapeuta Klemperer, un anziano dottore determinato a far chiarezza sulla faccenda, il proprio sospetto che la scuola di ballo nasconda una congrega di streghe. Susie si mette subito in luce dimostrando le proprie qualità quando danza la parte di prima ballerina nella coreografia Volk, ma i suoi passi si ripercuotono misteriosamente sul corpo di una sua collega, contorcendola e fratturando le sue ossa. La sequenza della danza è tra le più incisive ed esplicative dei pregi di Suspiria, tutti legati all’estetica, che mescola in modo compiaciuto la danza artistica, il macabro dei corpi dilaniati e la simbologia esoterica. Dal punto di vista visivo, il film di Guadagnino mantiene le promesse andando tranquillamente a calcare la mano laddove Argento doveva contenersi per via degli evidenti limiti negli effetti speciali. Lo stesso, purtroppo, non si può dire dei contenuti: chi si aspetta che tutti i nodi vengano al pettine e che le varie sotto trame – della RAF e della moglie perduta in guerra del dottor Klemperer – giungano a un’unica e soddisfacente conclusione, sarà deluso. Il nuovo Suspiria è, infatti, un esercizio di stile condito di elementi inquietanti quanto inutili alla storia. È un gioco visivo che ci riempie gli occhi con le immagini di sabba truculenti (peccato, però, per quel brano di Thom Yorke del tutto fuori luogo) ma lascia frustrata la nostra mente, che soffre l’assenza di una vera compattezza narrativa.
Suspiria [id., Italia/USA 2018] REGIA Luca Guadagnino.
CAST Dakota Johnson, Tilda Swinton, Chloë Grace Moretz, Mia Goth, Jessica Harper.
SCENEGGIATURA David Kajganich. FOTOGRAFIA Sayombhu Mukdeeprom. MUSICHE Thom Yorke.
Horror, durata 152 minuti.