Insegnare l’odio
Non serve forse sottolinearlo, ma il Cinema riesce ancora a raccontarci come poche altre arti sanno fare, e in particolare quello europeo è spesso svincolato da tendenze o mode che lo ingabbierebbero in logiche da botteghino. Il cinema europeo ci parla e Il nastro bianco di Michael Haneke, Palma d’Oro a Cannes nel 2009, ne è un perfetto esempio.
Di cosa è chiaro fin dalla prima sequenza, dove il medico del paese cade da cavallo per una corda tesa nell’erba, incidente inspiegabile che sarà seguito da altri altrettanto inquietanti: la normalità e la quotidianità della comunità vengono improvvisamente turbate da qualcosa di sinistro e oscuro, una miccia che farà scoppiare il tumulto. Haneke con questo plot rappresenta l’alba di quel caos che sarà il primo conflitto mondiale, dato che la vicenda è ambientata nel 1913, una delle prime avvisaglie dei mutamenti dolorosi che il vecchio continente ha subito e continua a subire ancora oggi con i numerosi perfidi dietrologismi dei populismi miopi. E da quegli incidenti usciranno anche i segreti più imbarazzanti della comunità, costretta finalmente a fare i conti con la propria condotta, la prima causa della crescita del male. Un moltiplicarsi di malvagità che si insinua bastardo tra la gente e non fa sconti a nessuno. Una genesi che solo Haneke riesce a raccontare senza scadere nel penoso. Non si deve rivelare troppo per non spoilerare a chi non l’ha ancora visto, ma a distanza di dieci anni questo film mantiene la sua perfidia, perché mostra come la purezza possa essere deviata senza un’apparente spiegazione. Haneke nella sua carriera ha saputo scioccare lo spettatore esibendo la meschinità delle azioni umane, senza moralismi o edulcorazioni, ma mettendo davanti alla macchina da presa un ideale specchio in cui tutti possiamo riflettere il nostro viso che, man mano che le azioni scorrono, rabbrividisce. Il nastro bianco è asfissiante, teso fino all’ultima sequenza, rabbuiato e allo stesso tempo illuminato da un bianco e nero che inquadra l’epoca fingendo di stagliarla in qualcosa di passato, che non potrà tornare. E invece oggi ci rendiamo conto che tutto ciò è ancora familiare e l’Europa rischia di fare i conti con un odio ottuso che germina nella sua popolazione. I giovani sono la speranza ma se per primi noi “vecchi” non impariamo a supportarci e sopportarci, il fallimento e il male sono dietro l’angolo. Haneke non racconta solo la Germania e la successiva ascesa del nazismo, racconta l’uomo comune che viene disarcionato dal suo cavallo e disorientato si butta a capofitto nella reazione più semplice: la violenza. Il nazismo, il fascismo, l’ostruzionismo, la censura, il razzismo, il disprezzo… Un film-manifesto sulla diffusione dell’odio.
Il nastro bianco [Das Weiße Band, Francia/Italia/Germania/Austria 2009] REGIA Michael Haneke.
CAST Christian Friedel, Ernst Jacobi, Leonie Benesch, Ulrich Tukur, Ursina Lardi.
SCENEGGIATURA Michael Haneke. FOTOGRAFIA Christian Berger. MONTAGGIO Monika Willi.
Drammatico, durata 145 minuti.