Psychopathia sexualis
In La matriarca di Festa Campanile, l’ambiguità la fa subito da padrona: chi è la donna che ha potere? Chi è appunto la matriarca del titolo? È la madre di Margherita detta Mimmi (interpretata dall’essenziale e genuina Catherine Spaak), celata per la maggior parte del film nel fuori campo che la avvolge ‒ ma che ne fa comunque sia fuoriuscire i maleodoranti condizionamenti nei confronti della figlia ‒ o è invece una figura idealizzata dalla stessa Mimmi, la quale prova con tutte le proprie forze a identificarvisi dopo il decesso improvviso del marito? Il dubbio si protrae sottilmente per tutta la durata della pellicola.
Dilemma a parte, La matriarca è un film di grande scaltrezza visiva e di equilibrismi sul filo della morale e dell’ironia. Quella che si vuole mettere al centro della vicenda è naturalmente la libertà della donna, il bisogno di un’affermazione che cerca nel sesso la sua dimensione primaria. Le maglie costrittive della società sono quindi rappresentate dal maschile, che si impone relativamente sulla scena attraverso alcune figure di uomini deboli o subdoli: l’unico che avrà invece funzione di maestro e padre sarà il professor Carlo De Marchi (interpretato da un ambivalente Jean-Louis Trintignant) che insegnerà a Mimmi a riconoscere nella vita, come nel sesso, una dimensione di fondamentale spensieratezza: «Per essere felici occorrono due semplici cose» ‒ le dirà ‒ «una grande fantasia e un’assoluta sincerità». E proprio quella sincerità e quella fantasia saranno gli elementi attraverso i quali Margherita, durante tutto il film, scoprirà il meglio di sé: il vestiario sempre un po’ sopra le righe, soprattutto per il bisogno di farne un elemento protesico (come quando non si libera del proprio cappello nemmeno durante le visite mediche di controllo), o l’impossibilità di fingere sentimenti che proprio non riesce a provare.
La scena che ci fa capire che ci troviamo di fronte a una delle commedie italiane più interessanti del periodo è però quella decisiva nella quale De Marchi rompe con gran divertimento gli specchi della stanza del piacere: l’annullamento di un mondo fatto di finzioni e superfici riflettenti, che richiamano quell’ambiguità di cui avevo parlato in apertura, è l’obiettivo di questo gesto quasi sovversivo; assimilarlo, per poterne così veicolare gli evidenti significati, sarà una conseguenza dimostrabile nel finale del film. Dagli specchi ormai in frantumi si passerà infatti alle vetrate perfettamente intatte della villa all’interno della quale i novelli sposi Mimmi e Carlo consumeranno la prima notte di nozze e attraverso cui noi potremo finalmente assistere al più trasparente e onesto tra tutti i possibili giochi di coppia.
La matriarca [Italia 1968] REGIA Pasquale Festa Campanile.
CAST Catherine Spaak, Jean-Louis Trintignant, Luigi Pistilli, Renzo Montagnani, Gigi Proietti, Fabienne Dalì, Nora Ricci.
SCENEGGIATURA Nicolò Ferrari, Ottavio Jemma. FOTOGRAFIA Alfio Contini. MUSICHE Armando Trovajoli.
Commedia, durata 92 minuti.