L’anno appena trascorso non ha segnato svolte e forse non verrà ricordato tra gli anni memorabili della storia dell’arte cinematografica. Eppure molti terreni, da anni incolti, sono stati nuovamente solcati. È stato un anno di semina, non un anno statico, ma neanche un anno di fioriture: un anno propedeutico. Ma propedeutico a cosa?
Il Cinema da anni si dice sia in crisi e chi lo dice è chiaramente o un miope o un nostalgico, anche se non sbaglia del tutto. Non si sbaglia nel ritenerlo in crisi, ma si sbaglia nel ritenere che ciò sia negativo, classificando il contemporaneo sempre – e comodamente – un gradino al di sotto dell’aureo passato già cristallizzato, categorizzato e ben ripulito da quella pula che ora, a guardarsi intorno nell’epoca dell’overdose visiva, abbaglia rendendo quasi impossibile distinguere percorsi e rotte.
Non ci stancheremo mai, qui su Mediacritica, di attualizzare quella “critica” dei media che ci dà il nome e quindi un’identità: un compito. È sempre bene ribadire che κρίνω, da cui viene la parola critica, ancor prima che separare e distinguere, vuol dire scegliere (e quindi saper scegliere), preferire, interrogare (e saper interrogare) per poi solo successivamente valutare e giudicare. È quello che abbiamo fatto anche quest’anno, con rinnovata forza a partire dal mese di Settembre, in cui anche noi abbiamo cambiato forma, diventando mensile e preferendo l’approfondimento e la riflessione alla cronaca e alla completezza.
In questo numero di fine anno, con cui sintetizziamo questa stagione cinematografica, cerchiamo di dare conto di questa crisi, non accontentandoci di classificare – con le nostre attesissime Top Ten – ma anche interrogando quanto abbiamo visto e provando a tracciare ipotesi nei nostri focus.
La crisi del Cinema è segno di salute, vuol dire che c’è cambiamento e lì dove c’è cambiamento c’è vita: parafrasando Popper, la crisi va continuamente provocata e indotta. Se il Cinema fosse antropomorfo andrebbe costretto perennemente a quelle crisi fisiologicamente umane: all’adolescenza, ai trent’anni, alla vecchiaia, a quegli stati che inducono rispettivamente a cambiare forma, a prendere una direzione definita e a ripartire guardandosi indietro. Nel 2018 il Cinema è stato forse tutte e tre le cose: adolescente perché ormai ibrido tra sala e streaming e sempre più in bilico tra reale e virtuale; nel mezzo del suo cammino perché tutto ciò che lo circonda lo disorienta e perché, come quello italiano, fa fatica a rinunciare alle vecchie abitudini; infine un nobile vecchio che può andare orgoglioso del suo passato e ricordare i suoi maestri e i suoi interpreti – rendiamo qui omaggio a Olmi, Bergman, Aldrich e Lupino.
Aspettiamo trepidanti di vedere il Cinema nuovamente cambiare, crescere, maturare, invecchiare e rinascere nel 2019, insieme a voi. Per ora ecco online il nostro nuovo numero, di cui andiamo fieri, che si arricchirà a breve delle nostre classifiche di fine anno, con una novità del tutto inedita: le top 5 di ogni nostra sezione, quindi tanti consigli per serie tv, inediti, fumetti, televisione e videogames.
Buona lettura!