36° Torino Film Festival, 23 novembre – 1 dicembre 2018, Torino
La verità, nient’altro che la verità
Sono molti i registi che si sono riferiti agli attori e al loro lavoro come al mezzo per estrarre la verità fuori dal film e comunicarla allo spettatore. Ecco se c’è un film contemporaneo che possa rappresentare questo ponte, e il lavoro che serve per costruire tale ponte, è Marche ou crève, primo lungometraggio di Margaux Bonhomme.
La regista parte dalla sua vita e dal suo rapporto con la sorella disabile per raccontare la storia di una ragazzina di campagna che si trova a un bivio: lasciare la propria famiglia – il padre e la sorella gravemente handicappata soli dopo la separazione dei genitori – e andare a vivere in città per studiare oppure restare e sacrificare sé stessa per aiutare la sorella rifiutando l’idea di affidarla in un istituto. Assieme a Fanny Burdino, Bonhomme scrive una storia di famiglia che è un atto d’amore e di cura, uno sguardo paziente ma sincero e mai patetico sul rapporto tra sorelle.
Marche ou crève è innanzitutto il racconto della crescita di una ragazza a partire da una scelta morale, in cui non necessariamente la scelta più difficile è quella giusta (contrariamente a molta retorica cattolicheggiante del sacrificio) e il benessere degli altri passa anche a volte dalla realizzazione personale, e diventa a partire da quest’ottica intima un film che si concentra sulle ambiguità e le sfumature dei personaggi, attraverso i quali comporre un ritratto familiare vivido e riflettere sull’indipendenza femminile. Bonhomme riesce a dare forza a questo modo di raccontarsi attraverso il proprio sguardo, attraverso l’attenzione al gesto e all’attimo, ovvero quel momento in cui la messinscena perde l’aura di finzione e diventa altro.
Ed è incredibile come la regista abbia scelto, scovato e scavato dentro i suoi interpreti per togliere ogni patina di cinegenia e farlo diventare cinema della verità – non essendo del reale: il padre Cedric Kahn è un noto attore e regista, ma non qui, qui è una sorta di taglialegna burbero ma presentissimo; ma il massimo Bonhomme, in linea con la sensibilità di sguardo, lo trae dalle due protagoniste. Diane Rouxel è tra le attrici emergenti più interessanti ma il vero capolavoro il film lo realizza con Jeanne Cohendy: anche a giorni dalla visione si fatica a non credere che non sia una vera ragazza disabile, ma un’attrice che è entrata dentro una realtà opposta alla nostra. Non un’attrice che interpreta o si mimetizza nella malattia, ma una donna che coglie dalla disabilità gli elementi di comunicazione con l’esterno e, attraverso Bonhomme, li rende espressione, li rende cinema.
Marche ou crève [id., Francia 2018] REGIA Margaux Bonhomme.
CAST Diane Rouxel, Jeanne Cohendy, Cedric Kahn, Agathe Dronne.
SCENEGGIATURA Margaux Bonhomme, Fanny Burdino. FOTOGRAFIA Julien Roux. MUSICHE Pascal Humbert.
Drammatico, durata 85 minuti.