BLACK AMERICA
Un affare di famiglia
Se, come sosteneva Franco La Polla, nel melodramma americano degli anni Cinquanta la morale è un esercizio di stile, bisogna dire che Douglas Sirk è colui che a questo stile ha dato una forma virtuosa.
In Lo specchio della vita il movimento sinuoso attraverso il quale veniamo trasportati nel racconto della vita di Lora Meredith, attrice vedova che cerca prepotentemente di ottenere il successo sperato, è continuamente supportato da scelte espressive che hanno la capacità di formalizzare il discorso fin dai primi minuti: se la bionda Lora, infatti, esordisce alla luce del sole, il percorso dell’afroamericana Annie Johnson, a partire dalla sua prima inquadratura, è verso l’ombra. E sul piano del linguaggio tutto acquista, man mano che il film procede, sempre più una forza dirompente: imitation of life, appunto, una messa in scena continua, una lotta sfrenata nei confronti dell’immagine della realtà, di ciò che così è se vi pare. Logico che il fulcro della vicenda sia da ricercare nel conflitto che la figlia di Annie, Sarah Jane, ha con il suo essere nera pur − in apparenza − non essendolo. Lo scontro razziale in questo caso è quindi soprattutto un affare di famiglia e molto più quindi un gioco di interiorità che di esteriorità. Anche se per forza di cose sono i condizionamenti sociali a essere bersagliati da Sirk e dagli sceneggiatori Griffin e Scott, la lotta madre-figlia contiene la questione principale del raffinato incastro morale/etico che viene messo in piedi: sta nell’educazione al riconoscimento del sé l’unica possibilità di fuga dagli inganni e dalle crudeltà del mondo, nella necessità di dire sempre la verità a se stessi e agli altri. Su questo piano il melodramma dona una forza inusitata al film e le sequenze che riescono intelligentemente a sconquassare il ritmo − come quella in cui Sarah Jane viene picchiata dal ragazzo razzista mentre è riflessa in una vetrina di un negozio − lo manifestano ampiamente. Peccato che la spinta un po’ troppo patetica intravista in alcuni frangenti tolga quel sottile spessore in più che avrebbe consentito di avere di fronte agli occhi forse il miglior film di Sirk di sempre.
Lo specchio della vita [Imitation of Life, USA 1959] REGIA Douglas Sirk.
CAST Lana Turner, Juanita Moore, John Gavin, Susan Kohner, Sandra Dee, Dan O’Herlihy.
SCENEGGIATURA Eleanor Griffin, Allan Scott (tratta dall’omonimo romanzo di Fannie Hurst). FOTOGRAFIA Russell Metty. MUSICHE Henry Mancini, Frank Skinner.
Drammatico, durata 125 minuti.