BLACK AMERICA
Quando il caldo scoppia a Brooklyn
«Questa sarà una giornata davvero calda» si sente dire alla radio. E calda sarà anche l’atmosfera che si respirerà fin dai primi minuti di questo film.
Abbracciando l’arco di una giornata, Lee narra di minoranze – al centro infatti c’è la comunità afroamericana di Brooklyn –, di lotte fra outsider – Sal e Pino, con la loro pizzeria, sono gli unici bianchi della zona tra neri ghettizzati, calpestati – e di rabbia che può esplodere da un momento all’altro. La tensione è palpabile, gli scontri sono continui. Il senso di precarietà si sostanzia grazie ad un uso quasi bulimico di situazioni, personaggi, dialoghi, nonostante tutto sia giocato in uno spazio “ristretto” (un appartamento, la pizzeria, pochi marciapiedi), grazie ad un linguaggio crudo, ironico, spesso razzista che pretende di mettere da parte chi da parte non vuole stare. Così mentre Sal (Danny Aiello) e Pino (John Turturro), tra un litigio e l’altro, lavorano sfornando pizze nella miglior tradizione italiana, si susseguono sullo schermo Smiley che cerca di vendere immagini di Malcom X e Martin Luther King, Radio Raheem con in spalla lo stereo che suona Fight the Power, Buggin Out (Giancarlo Esposito) e Mookey (Spike Lee). Sono tutte declinazioni dell’essere nero in America, in una terra che non pone al centro ma mette all’angolo. Lee racconta senza dare giudizi: mostra il muro della pizzeria di Sal, dove non compaiono fotografie di neri, mostra una polizia violenta che usa la forza, che invece di proteggere attacca. Il germe dell’intolleranza matura, cresce, fino a deflagrare nel finale, e appare evidente che qui non entrino in gioco solo implicazioni socio-culturali ma anche una totale incomunicabilità. Nessuno ha l’esclusiva della ragione o del torto e si apre così di fronte agli occhi l’immagine del corpo molle della nazione più libera e più “castrante” del pianeta, da cui fuoriescono rabbia, delusione, povertà e ignoranza. Lee conosce la materia, la sente, la vive in prima persona da tutta la vita, come sente e vive l’ambiente che lo circonda; infatti il conflitto razziale per l’America è da sempre una ferita sanguinante. Nello scontro tra Radio Raheem e i poliziotti, conseguente a quello tra Sal e la comunità nera, risuonano in maniera macabra la rivolta ad Harlem avvenuta negli anni Quaranta e il caso Howard Beach Incident in cui un gruppo di giovani bianchi ha aggredito tre afroamericani, causando la morte di uno di essi.
Il cineasta scrive un canto che immerge lo spettatore in un mare tumultuoso di odio verso l’altro, di insulti e di azioni violente mescolate tra loro per dar vita ad un film che fa sperare nel contrario.
Fa’ la cosa giusta [Do the Right Thing, USA 1989] REGIA Spike Lee.
CAST Danny Aiello, Ossie Davis, John Turturro, Richard Edson, Spike Lee, Giancarlo Esposito, Bill Nunn, Ruby Dee.
SCENEGGIATURA Spike Lee. FOTOGRAFIA Ernest Dickerson. MUSICHE Bill Lee, Branford Marsalis, Terence Blanchard.
Commedia/Drammatico, durata 114 minuti.