BLACK AMERICA
Il suprematista della porta accanto
C’è un dato che viene spesso ignorato e sottovalutato e a leggerlo la prima volta stupisce. Racconta di una gravità crescente e molto concreta che, nonostante sia stata ormai ampiamente dimostrata, non si è tradotta in provvedimenti politici, né tantomeno in prese di coscienza collettive.
Stiamo parlando del suprematismo bianco negli Stati Uniti, un’ideologia figlia dei fascismi novecenteschi che prende le mosse dalla convinzione di un “genocidio bianco” in cui la razza caucasica – i loro militanti sarebbero più felici se dicessi “ariana” – sarebbero sotto attacco. Neri, ebrei, asiatici, per invidia della nostra superiorità culturale e civile, si starebbero infiltrando nella nostra società, fino a prendere i posti di maggior potere e prestigio (la presidenza di Obama ne fu considerato l’emblema), con lo scopo di infiacchirci, imbarbarirci, farci perdere la memoria e la coscienza della subalternità delle altre etnie. Ma le armi del suprematismo bianco non sono culturali, i militanti non usano Beethoven, Shakespeare e la Dichiarazione Universale dei diritti umani per battersi a livello intellettuale, il loro parere si esplicita in lotta armata, fisica, verbale. La Southern Poverty Law Center, uno degli enti statunitensi che più si sono occupati di suprematismo bianco, tiene annualmente aggiornata una “hate map”, la mappa dell’odio, tracciando geograficamente la presenza di associazioni e gruppi di ispirazione suprematista. Nel 2000 erano 602, oggi sono 954. Ancora più drammatico è il dato degli omicidi di matrice suprematista, riportato dalla Anti-Defamation League: tra il 2008 e il 2017, mentre gli USA alzavano barriere, perlopiù psicologiche, per il pericolo islamico, sul suolo statunitense venivano uccise 275 persone per mano suprematista, il 45% in più rispetto alle vittime causate dall’estremismo islamico. Se questi numeri sono ora sotto gli occhi di tutti, a meno di non avere gli occhi chiusi per ideologia, nel 1992 il fenomeno era ritenuto di poco conto. Per ribaltare tale visione l’agente FBI Michael German trascorse venti mesi da infiltrato in gruppi organizzati di estrema destra. Dal libro in cui narrò la sua esperienza è tratto Imperium, un film teso e grave, che si muove cosciente della sua portata politica. L’alter ego di German nel film, Nate Foster, interpretato da Daniel Radcliffe, muove i suoi passi in tutte le forme del suprematismo, dai naziskin, ai residui del Partito Nazista Americano, al Ku Klux Klan, svelando una realtà abietta, fatta di pomposi proclami e scarsa concretezza. Il film sfugge dalla facile tentazione di offrire tensione gratuita giocando sui sospetti nei confronti di Nate, puntando invece ad offrire un’approfondita galleria di personaggi nel tentativo di comprensione, almeno sociologica, dei militanti suprematisti.
Imperium [id., USA 2016] REGIA Daniel Ragussis.
CAST Daniel Radcliffe, Toni Collette, Burn Gorman, Nestor Carbonell.
SCENEGGIATURA Daniel Ragussis. FOTOGRAFIA Bobby Bukowski. MUSICHE Will Bates.
Drammatico, durata 109 minuti.