«Drink Water»
“Tranquilli, a piedi non andrà lontano”. Don’t Worry di Gus Van Sant prende il titolo da una vignetta di John Callahan, artista eclettico e caustico autore di fumetti, tetraplegico dall’età di 21 anni.
A pronunciare la battuta è un gruppo di cowboy, davanti alla sedia a rotelle abbandonata di un fuggitivo nel mezzo al deserto. A tre anni dal discusso La foresta dei sogni, Van Sant torna ad affrontare il limbo di accettazione e rinascita a seguito di un evento irreparabile. Stavolta il punto di non ritorno è l’incidente automobilistico che costringe l’alcolista Callahan a ripensare tutta la sua vita. Il film, fortemente voluto da Robin Williams che aveva proposto il progetto al regista, evita l’epica del biopic, la retorica della redenzione e le sdrucciolevoli vie del pietismo. Si concentra piuttosto sulla ricostruzione di un’esistenza composita e sfaccettata che, al pari di ogni vita, sembra contenerne una pluralità di altre. L’ironia politicamente scorretta è la cifra stilistica di Callahan e Van Sant gli rende omaggio interpolandone le vignette nel film. Ma per il proprio registro narrativo sceglie un approccio meno sfacciato. Il percorso di Callahan negli alcolisti anonimi e la scoperta del talento fumettistico si svelano per epifanie, alternati ai flashback sul passato etilico e ai faticosi traguardi del presente. Una rappresentazione più ciclica che lineare che unisce il reiterarsi di frasi e situazioni al montaggio frammentato e a frequenti salti temporali, ricomponendo il caleidoscopico ritratto del protagonista. Discontinuo quando suggerisce gli stati di percezione alterata del giovane Callahan, è affidato allo scorrimento verticale delle immagini nella sua improvvisa presa di coscienza. Una pluralità di punti vista – davanti, di spalle, di sbieco e da sotto – restituiscono l’umana complessità dei personaggi, lasciando la bidimensionalità alle caricature taglienti dell’artista. Tornano temi e figure cari al regista: la sfida alla morte e le fragilità giovanili, l’isolamento, l’espressione artistica come scelta di vita, la presenza di un mentore/amico. Ma è soprattutto l’equilibrio, lucido e asciutto, a colpire nel segno, senza concedere troppo al dramma né alla semplificazione. La spensieratezza degli skaters, memore di Mansion of the Hill, si scontra con l’impatto fisico di una caduta, l’ossessione per il passato con la necessità di proseguire. Lo stesso sponsor degli alcolisti anonimi, un Jonah Hill davvero magistrale, non è che un uomo che ha imparato ad amare la “mediocrità”. Quella che si ottiene a fatica, con un percorso lento e graduale, come il paramecio della vignetta che si evolve fino a salire sul pulpito. La stessa che può apparire inarrivabile ma, come ogni apice di una salita, si raggiunge solo un passo alla volta.
Don’t Worry [Don’t Worry, He Won’t Get Far on Foot, USA 2018] REGIA Gus Van Sant.
CAST Joaquin Phoenix, Jonah Hill, Rooney Mara, Jack Black, Mark Webber, Udo Kier, Beth Ditto.
SCENEGGIATURA Gus Van Sant. FOTOGRAFIA Christoper Blauvelt. MUSICHE Danny Elfman.
Drammatico, durata 113 minuti.