BLACK AMERICA
Show must go on?
«Ya been took! Ya been hoodwinked! Bamboozled!» («Siete stati raggirati! Siete stati fuorviati! Imbrogliati»). Il titolo del primo film girato in digitale da Spike Lee nasce dalla citazione di un discorso, mostrato in uno degli innumerevoli inserti presenti nell’opera, che Denzel Washington recita in Malcom X dello stesso Lee.
Non è l’unico momento di Bamboozled in cui il regista cita se stesso; c’è infatti una battuta del boss dell’emittente che dice «me ne frego di quello che dice quello stronzo di Spike Lee», seguita dall’apprezzamento che il personaggio esprime nei confronti della posizione più liberale sull’utilizzo della parola “nigger” sostenuta da Quentin Tarantino. La battuta ironizza sulla percezione diffusa di Lee come difensore estremista della causa afroamericana, al costo di apparire fanatico e, per usare un fastidioso termine alla moda, razzista al contrario. È un momento non decisivo del film, ma può essere significativo perchè coglie due elementi fondanti dell’opera: l’ironia satirica e il citazionismo, dal sapore anche talvolta vagamente postmoderno che però intende superare i limiti del riferimento fine a se stesso per darne un significato politico e storico chiaro; come cioè, attraverso i “minstrel show” i neri d’America siano stati imbrogliati e inchiodati ad una percezione ridicola, limitante e macchiettistica, nel passato dell’età dell’oro di questi spettacoli come nel presente, con tutte le conseguenze del caso che hanno pregiudicato anche l’autopercezione da parte della stessa comunità afroamericana.
Ironia e citazioni di immagini viste in una nuova luce sono quindi i due binari principali lungo cui il film avanza, cercando di sfruttarne la forza per evidenziare i pericoli che il loro uso non meditato né filtrato ed eccessivo può causare. Sono, nella storia come nel “messaggio”, armi a doppio taglio, di cui però, in parte, lo stesso film diventa vittima. Ricco di momenti estremamente efficaci che con durezza colgono il punto e di altrettante sequenze predicatorie e didascaliche, di personaggi compiuti e vivi anche se messi alla berlina come di figure inerti, di grandi pagine di regia (l’incipit, per esempio) come di parti in cui il ritmo si inceppa, Bamboozled si esalta e allo stesso tempo si blocca nella sua complessità e rimane a metà del guado, sospeso tra la satira e il suo tipico ribaltamento della realtà e la più didascalica enunciazione propria del film a tesi. Perde così gradualmente mordente vanificando i tanti spunti, non necessariamente legati alle galassie afroamericane (al solito in Lee, rappresentate in maniera problematica e complessa) – assolutamente centrale è per esempio la riflessione sullo show business e soprattutto sulla sua capacità di manipolare e condizionare i gusti e gli atteggiamenti – e le altrettante ottiche da cui questi spunti emergono.
Bamboozled [id., USA 2000] REGIA Spike Lee.
CAST Damon Wayans, Savion Glover, Jada Pinkett Smith, Tommy Davidson, Michael Rapaport.
SCENEGGIATURA Spike Lee. FOTOGRAFIA Ellen Kuras. MUSICHE Terence Blanchard.
Drammatico/Commedia, durata 135 minuti.