La forza drammatica di Steve Bannon
Cinque anni dopo il film su Donald Rumsfeld The Unknown Know, Errol Morris torna a Lido con un altro documentario a sfondo politico, American Dharma, presentato fuori concorso alla 75. Mostra del Cinema di Venezia.
Incentrata sulla carriera e sulle idee del discusso leader populista di destra Steve Bannon, l’opera è costruita sostanzialmente sul dialogo tra il regista e il protagonista, che qui racconta della sua attività di filmaker, della sua entrata nel mondo dei new media e, soprattutto, del suo lavoro come consigliere politico di Donald Trump, svoltasi prima in campagna elettorale e successivamente – ma per breve tempo – alla Casa Bianca. La conversazione tra i due è a tratti accesa e incalzante – anche perché Morris non nasconde la propria ostilità nei confronti del personaggio (tanto da dichiarare di aver paura di persone come lui) –, ed è intenzionata a far emergere le contraddizioni e la pericolosità dell’uomo, il quale acquisisce comunque anche un certo fascino, magari ambiguo e sinistro, ma comunque presente. Questo non solo perché Bannon si rivela come una persona piuttosto colta e molto abile a gestire i mass media (dei quali conosce perfettamente i meccanismi) e a controllare l’agenda politica, ma anche per la sua volontà di cambiare radicalmente l’ordine costituito. Elementi che emergono tramite il concetto di “Dharma” – che il protagonista intende come quel connubio tra dovere, fato e destino che guida e condiziona l’essere umano – e attraverso i diversi riferimenti cinematografici presenti nel film, forse l’elemento più originale e interessante del documentario. Qui il regista usa gli inserti di alcuni classici (Cielo di fuoco con Gregory Peck nella parte di un generale, Sentieri selvaggi di John Ford e, alla fine, Falstaff di Orson Welles) per creare dei parallelismi con le teorie e la biografia del protagonista, sottolineandone in questo modo la potenzialità drammatica e cinematografica, e facendolo diventare così un personaggio quasi shakespeariano, dotato di forza, ambizione, intelligenza e follia.
Siamo dunque di fronte a un documentario certamente convenzionale e un po’ televisivo nella struttura di fondo, ma che per via della sua stratificazione tematica (il lavoro parte da Bannon per riflettere sul rapporto tra politica e informazione) e, soprattutto, della sua capacità di enfatizzare lo spessore drammatico del protagonista, acquisisce al tempo stesso una notevole e non scontata forza cinematografica.
American Dharma [id., USA 2018] REGIA Errol Morris.
FOTOGRAFIA Igor Martinovic. MUSICHE Paul Leonard-Morgan. MONTAGGIO Steven Hathaway.
Documentario, durata 95 minuti.