Materia prima
Doubles vies è ambientato nel mondo dell’editoria e della letteratura, proprio come Quello che non so di lei, che Assayas ha scritto per Polanski.
E come Personal Shopper, la rara capacità di Assayas di riflettere metalinguisticamente sul cinema, sul destino delle immagini, sul processo creativo nei suoi legami con la vita, entra in fertile collisione con la scelta di un genere accessibile (qui la commedia sull’eterna ronde dei sentimenti, nel film precedente la ghost story), utilizzato come interfaccia per facilitare la rappresentazione realistica delle nostre esistenze nella società contemporanea ipertecnologica, in continua transizione, in cui i rapporti umani sono mediati da schermi, monitor, tastiere che ne condizionano le dinamiche.
Le innumerevoli riflessioni che, con i suoi dialoghi velocissimi, densi, e con le numerose citazioni colte, Doubles vies suscita sulla morte della carta stampata, sul ruolo della critica letteraria, sul narcisismo delle nuove forme di scrittura on line, valgono anche per il cinema e l’audiovisivo in generale, che negli ultimi anni, con l’avvento del digitale, hanno subito un evidente processo di smaterializzazione. Per quanto problematica e confusa sia la situazione della comunicazione per immagini, del cinema e dell’arte visiva oggi, rimanere ancorati a un realismo materico dei volti, dei corpi, degli spazi esplorati, degli oggetti, come ha fatto Assayas anche nei visionari Sils Maria e Personal Shopper, è la risposta migliore che si possa dare.
Doubles vies si fa visitare dal fantasma di Adorno, si rifà alla sua denuncia dell’involuzione della cultura in “industria culturale” e della riduzione delle relazioni interpersonali alla sfera fittizia del consumo. Al manoscritto del bibliofilo Leonard, che inizialmente nemmeno l’amico Alain vuole pubblicare, nel mercato editoriale si contrappone l’e-book, che permette di liberarsi del processo di fabbricazione e incrementare i profitti. Oppure l’audiolibro, purché la voce sia quella di un’attrice come Juliette Binoche.
È Alain la figura più complessa del film, un uomo combattuto tra la salvaguardia della letteratura come valore da premiare, come missione professionale e “religiosa” (cita la fede “contro ogni evidenza” del sacerdote di Luci d’inverno), e la seduzione quasi satanica, incarnata dalla donna in carriera Laure, del mondo digitale, in cui “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”, magari vendendo i contenuti editoriali a qualche losco magnate della telefonia.
Ma che Assayas non sia completamente pessimista lo si può dedurre da come conclude il suo film: dopo molti tentativi con la fecondazione artificiale, è alla vecchia maniera che Leonard e Valérie concepiscono il primo figlio. Non è un miracolo, è qualcosa di reale. È la materia, che, nei suoi aspetti più carnali e umani, si prende la rivincita, non cede al dominio delle nuove tecniche, rifiuta di mettersi al servizio del capitale.
Doubles vies [id., Francia 2018] REGIA Olivier Assayas.
CAST Guillaume Canet, Juliette Binoche, Vincent Macaigne, Christa Théret, Nora Hamzawi.
SCENEGGIATURA Olivier Assayas. FOTOGRAFIA Yorick Le Saux. MONTAGGIO Simon Jacquet.
Commedia, durata 108 minuti.