Asian Film Festival, 21-28 maggio 2018, Bologna
È arrivato l’invasor
Il film inizia con la fuga appassionante della famiglia Shen, il cui capofamiglia, il poeta Mao Dun, come molti intellettuali e artisti, più di settecento, nei primi anni ’40 lascia la Hong Kong occupata dai giapponesi. La giovane Fang, che è stata sua studentessa, è la figlia della proprietaria della casa dove vivono gli Shen.
S’imbarca anche lei, nello stesso viaggio. E il guerrigliero Blackie le chiede di prestarsi a un lavoro sotto copertura. Fang accetta, nonostante la perplessità della madre (“Non riuscivi a uccidere nemmeno un coniglio e vuoi uccidere i giapponesi?”). Proverà a salvare la genitrice quando l’anziana donna, diventata un corriere anche lei, sarà imprigionata dai giapponesi.
Tutto girato in digitale con modelli Arri Alexa, Our time will come è un film di grande eleganza visiva. La regista Ann Hui, nome di punta della new wave hongkonghese degli ultimi decenni, ha un controllo della materia narrata e delle inquadrature impressionante. Riesce, con la sua chiarezza narrativa, a realizzare un film tutt’altro che contorto. Non si perde in mille vicende, come succede spesso ai film di ambientazione storica.
Ann Hui lavora sulle immagini e sulle sfumature di colore – il verde dei prati e degli abiti, per esempio, le tinte fredde degli ambienti, la luce azzurrina, crepuscolare, l’atmosfera dei night club – da vera maestra, con l’aiuto dell’ottimo direttore della fotografia Nelson Yu: il passato ha colori più forti del presente, che nell’intervista al testimone/narratore interno, Little Ben, messaggero della East River Brigade per la liberazione di Hong Kong, è in bianco e nero. È un passato sempre vicino.
Our time will come non è un film celebrativo, pur essendo una coproduzione Hong Kong/Cina contemporanea all’anniversario del cosiddetto “Handover”. Si concentra principalmente sulla protagonista Fang Gu, ma la sceneggiatura, evitando il macchiettismo o la superficialità, tratteggia con pochi tocchi efficaci anche gli altri personaggi, dal grande capitano dei guerriglieri Blackie Lau a Wing, il fidanzato di Fang, che lavora per i giapponesi. Perfino l’espediente, ormai abusato, del flashback è usato cum grano salis, per catapultare lo spettatore nell’azione. E i raccordi di montaggio di Mary Stephen sono salti vertiginosi di grande impatto: passaggio di soldati giapponesi in un bosco, stacco, videogiornale che riprende l’esercito nipponico, proiettato in un cinema. Notevole anche, nel finale, la panoramica con cui, nella stessa inquadratura, il paesaggio spoglio del passato si trasforma nella Honk Kong ipermoderna di oggi, le cui immagini accompagnano i titoli di coda.
Our time will come [Ming yue ji shi you, Cina/Hong Kong 2017] REGIA Ann Hui.
CAST Zhou Xun, Eddie Peng, Wallace Huo, Deannie Yip, Tony Ka Fai Leung.
SCENEGGIATURA Ho Kei-Ping. FOTOGRAFIA Nelson Yu. MUSICHE Joe Hisaishi.
Storico, durata 130 minuti.