Io sono il re
“I’m king. I’m the son of water. I’m the night bird”; queste parole conducono come durante un’ipnosi all’interno di un modo acquatico e onirico dove un uomo con le sacre fattezze di un “profeta” nasce dall’acqua e genera acqua, un re indiscusso della natura e degli uomini.
Miti e leggende. Eroi avvolti nel mistero. Questo è ciò che sta alla base del film di Niles Atallah, Rey, opera raffinata, intrisa di sperimentazioni, affascinante e complessa, intrigante e intricata, fatta di fascinazioni e rilocazioni (di immagini, generi e formati). La pellicola racconta la storia dell’avvocato e avventuriero francese Orélie-Antoine de Tounens, arrivato in Patagonia per esplorare e governare: si autoproclamerà – o forse è stato proclamato − infatti sovrano di Auracanía e Patagonia fino a quando viene catturato dagli spagnoli. Il regista mescola realtà e fantasia, personaggi realmente esistiti e altri frutto di una mente ispirata, natura fisica e natura incorporea e questo, come vitale marea, invade e pervade ogni cosa. Delirio di onnipotenza e coraggio (di esplorare e smarrirsi) costruiscono un personaggio di cui la storia poco ha narrato; la costruzione e la narrazione del film seguono la natura del proprio protagonista: anch’esse, allo stesso modo di Orélie-Antoine de Tounens, sono come quegli animali mitici, mostruosi nella loro meravigliosa straordinarietà. Rey non è lineare, non è logico, è una fantasmagoria di buio e luce, di ombra/mistero e di una parte “illuminata” (che non vuol dire chiarezza), salta nel tempo (si apre infatti con il processo di de Tounens durante il quale gli attori indossano maschere di cartapesta, simbolo dell’inafferrabilità di ciò che è accaduto, e poi torna indietro), gioca con la memoria e con la materia, con ciò che è accaduto e ciò che potrebbe essere accaduto, tra ciò che è e ciò che appare. Niles Atallah che ha lavorato per sette anni alla creazione della sua opera, che è diventato tutt’uno con la pellicola (ha girato il film e poi ha seppellito il formato in 16mm per invecchiarlo naturalmente), modificandola con abrasioni, colori, che ha diviso la vicenda in cinque capitoli, dalla proclamazione alla caduta, realizza un saggio complesso e cerebrale sulla vicenda umana che diventa anche storia (ma quasi mai storiografica, per Atallah è impossibile infatti documentare con certezza cosa sia successo). Sviscera come all’interno di un sogno psichedelico un personaggio dalla natura molteplice, ne mostra la forza e il delirio, la lucidità e la follia, la vis del potente re e l’infiacchimento e il deterioramento del sovrano. Il regista celebra il cinema, con ogni immagine d’archivio, con il 16mm, con la visionarietà di un modo di narrare tutto contemporaneo. Rey è un film che porta in altri mondi, che ipnotizza e squassa, è un esercizio di stile passionale e vitale di non semplice fruizione.
Rey [Rey, l’histoire du Français qui voulait devenir roi de Patagonie, Cile/Francia/Germania/Paesi Bassi 2017] REGIA Niles Atallah.
CAST Claudio Riveros, Rodrigo Lisboa.
SCENEGGIATURA Niles Atallah. MUSICHE Sebastian Jatz.
Biografico/Drammatico, durata 91 minuti.