Il sordo silenzio della paura
La sottrazione degli elementi non sempre è sinonimo di povertà espressiva. Al contrario, quando ricercata, può diventare la forza di una semplicità utile a svelare meccanismi dell’intrattenimento troppo spesso dati per scontati.
Prendiamo a esempio A Quiet Place – Un posto tranquillo, il film di John Krasinski ha un setting piuttosto abusato, gli Stati Uniti diventati un Paese fantasma a causa della comparsa di alcune mostruose creature, inscalfibili ma mortali. Tra i pochi superstiti seguiamo le vicende di una famiglia, padre, madre e due figli, in realtà sarebbero tre ma l’incipit ci mostra come il più piccolo faccia una brutta fine a causa di un errore della sorella maggiore. Da qui nasce il conflitto principale del film, la famiglia e l’unione che una situazione eccezionale può portare. Li vediamo assieme andare a saccheggiare supermercati abbandonati, lavorare nei campi per mantenere viva la loro fattoria, inventare soluzioni elettroniche per ovviare al problema d’udito della figlia, ma dal saldo rapporto famigliare si palesa la doppia faccia del peso della costrizione, la famiglia diviene casa e mondo dell’intera vita dei personaggi e per questo luogo di sfogo di frustrazioni e sensi di colpa.
A Quiet Place dovrebbe insomma scorrere su binari già prestabiliti da tanti altri esponenti del genere, ma trova il genio per dare senso e vivacità alla pellicola, si dà una regola, essere muta di dialoghi, e questo perché la singolarità delle creature è quella di essere cieche ma dall’udito ipersensibile, tanto da sentire ogni singolo rumore che stia sopra la media della natura. Per tutta l’avventura i personaggi sono costretti a muoversi piano ed evitare ogni fonte rumorosa, in particolare il comunicare. La lingua dei segni diviene unico tramite discorsivo, e principale causa dei fraintendimenti. In questo A Quiet Place invece di perdersi dona senso al silenzio come forma tensiva del racconto, temere il rumore e vivere il silenzio come sottrazione è una sensazione che colpisce nuclei istintivi contraddittori, come l’urlare per la paura o il dolore, qui vietato.
Il film di Krasinski, anche protagonista e sceneggiatore, segue un percorso che, dopo un primo tempo più intimista e contestualizzante, come a giustificare il suo non essere un qualsiasi B-movie, segue una seconda frazione incalzante giocata sulla suspense di continue sottrazioni, affidandosi tutto a un buon sound design e alla colonna sonora, per accumulare tensione che non si scioglie neanche nel finale. A Quiet Place furbescamente sembra voler giocare con l’horror per raccontare più intimamente un conflitto universale, ma in realtà dimostra di essere un ottimo film di genere che ingegnosamente gioca con la sottrazione per ottenere un surplus emotivo.
A Quiet Place – Un posto tranquillo [A Quiet Place, USA 2018] REGIA John Krasinski.
CAST John Krasinski, Emily Blount, Millicent Simmons, Noah Jupe.
SCENEGGIATURA John Krasinski, Scott Beck, Bryan Woods. FOTOGRAFIA Charlotte Bruus Christensen. MUSICHE Marco Beltrami.
Horror, durata 95 minuti.