Abbandonando il percorso proposto dalle ricostruzioni più radicate e dalla storiografia ufficiale, sono tante le strade che possono essere percorse per raccontare la storia del cinema italiano. Ci sono innumerevoli punti di vista diversi e privilegiati allo stesso modo.
Uno di questi è “la censura”; raccontare la storia del nostro cinema attraverso i tagli imposti, le sequenze modificate e i film perseguitati permette di cogliere i mutamenti dell’immaginario, il radicarsi delle questioni culturali e la forza e le paure del contesto politico.
Un percorso affascinante e potenzialmente sterminato, che lancia continuamente stimoli e spunti e che apre a sua volta nuove strade; si pensi, per esempio, alla persecuzione subita da Totò, il cui studio può fare luce sulla cattiveria sbeffeggiante insita nella comicità del principe, un po’ addomesticata dalle riletture più radicate. Fino al 15 aprile, a Torino, al PAV (Padiglione d’Arte Vivente) è possibile visitare un’interessante mostra che affronta la questione facendo dialogare cinema e arte contemporanea: Proibitissimo!, progetto ideato da Irene Dionisio, regista e direttrice del Lovers LGBTQI Film Festival. Il fulcro della mostra è Il mio unico crimine è vedere chiaro nella notte, cortometraggio diretto dalla stessa Dionisio che riproduce alcune delle più celebri sequenze tagliate del nostro cinema − dallo stupro di Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti ad una delle tante violenze perpetrate in Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini passando per gli sberleffi al perbenismo dei film di Marco Ferreri − creando un unicum, una sorta di finto piano sequenza che riassume decenni di paure e rimossi, di sommovimenti e nuove consapevolezze culturali che il potere ha cercato di nascondere.
Il mio unico crimine è vedere chiaro nella notte vuole, aspetto molto interessante, far riflettere anche sull'”indipendenza” delle sequenze, alle quali, staccandole dal contesto del film in questione, la censura ha dato vita propria; sequenze che portano avanti la loro testimonianza anche prescindendo dalla conoscenza dell’opera “mutilata”. Sarebbe infatti molto interessante conoscere le reazioni di chi ha visto integralmente i film in questione, e quelle di chi invece ha avuto un approccio “vergine” da visioni precedenti. La soggettività dello spettatore viene comunque stimolata dalla richiesta di una testimonianza delle proprie intime esperienze con la censura, in modo da rendere interattivo il progetto e di raccogliere materiale per nuovi percorsi di ricerca.
La visione del corto è il punto di partenza di un percorso espositivo che crea un contesto dal grande fascino scenografico immediato, ideale per rimanere affascinati e farsi prendere da uno degli innumerevoli spunti di riflessione che Proibitissimo! offre, compresi quelli che propongono nuove strade da percorrere per conoscere davvero in profondità la storia del nostro cinema.