ANTEPRIMA
To the wonder
Inesauribile e febbricitante. La poetica spielberghiana in Ready Player One compie un salto quantico oltre le colonne d’Ercole e ricompone, in un mirabile pastiche multi-strato (e multi-livello), il più grande e polifonico videogames postmodernista che il cinema abbia mai conosciuto.
Ma c’è tanto altro.
Siamo dalle parti del capolavoro, anche perché chi dirige, sulla sceneggiatura di Zak Penn ed Ernest Cline (scrittore del libro da cui è tratta la pellicola), è un autore capace di spingere la macchina-cinema al di là dell’ultima citazione possibile, regalando ad ogni nostalgico degli anni Ottanta e Novanta un film che non ha la vocazione del monolite da venerare, né l’aura didattica del reperto didattico, quanto quella forza muscolare che deriva dalla carnalità tecnologica di un sogno dentro al sogno assaporato sotto al visore. Un oggetto vivo, insomma. Onirismo e azione spettacolare che durano da quando, ad appena undici anni, il futuro enfant prodige di Hollywood si divertiva a far scontrare treni in cutting continuity e che oggi, con lo stupore replicato dall’inebriante riproposizione della retrocultura pop, si ripete all’ennesima potenza grazie alle inquadrature vertiginose e mai provate prima che compongono questa grande avventura digitale a misura di giovane escapista.
Ready Player One, a voler “giocare” al citazionismo a tutti i costi, è un incrocio tra l’artigianalità distopica di The Zero Theorem (il confino che spetta ai dissidenti), le inquietudini digitali di Black Mirror (corpo-macchina scollato dal corpo umano) e l’edonismo feticistico che abbiamo tanto amato in Turbo Kid, ma il livello commemorativo è superato dalla straordinaria capacità posseduta dal cineasta di saldare l’elemento digitale ad una narrazione pura, lungo un tapis roulant di ebbrezza dionisiaca. Nel tourbillon meraviglioso, tra un cameo di Spawn, le parti da leoni del T-Rex e di King Kong, il superlativo cubo di Zemeckis, Spielberg racconta ancora una volta l’estasi del puer aeternus di fronte agli universi sconfinati e il suo eroismo capace di modificare, grazie ai compagni di ventura, le sorti di un’umanità stipata in container marci e fatiscenti. Una fiaba classica, con tre prove da superare all’interno dell’universo virtuale, che regaleranno al vincitore tanti soldi e la possibilità di controllare Oasis, la fucina illusoria delle meraviglie. Senza addentrarci troppo nella trama diremo che il mondo vero farà capolino all’interno del caleidoscopio avventuroso sotto al visore e permetterà al regista di spiegare che il corpo dell’Homo Ludicus (per citare lo studio di Peppino Ortoleva), in transito obbligatorio attraverso quello del “ragazzo digitale” e trasfigurato nell’odissea virtuale, avrà sempre e comunque un incessante bisogno di realtà.
Ready Player One [id., USA 2018] REGIA Steven Spielberg.
CAST Tye Sheridan, Olivia Cooke, Ben Mendelsohn, T.J. Miller, Simon Pegg, Mark Rylance. SCENEGGIATURA Zak Penn, Ernest Cline. FOTOGRAFIA Janusz Kaminski. MUSICHE Alan Silvestri.
Fantascienza, durata 140 minuti.