Un texano per i diritti civili
Dallas, 22 Novembre 1963. Una folla in visibilio acclama l’Air Force One. Mentre tutti aspettano JFK, uno sguardo si posa sulla prima pagina del Dallas Tribune che titola “Yarborough snobba LBJ”.
Quello sguardo appartiene proprio a lui, Lyndon B. Johnson, e questo dettaglio dice già tutto del personaggio. Dopo All The Way di Jay Roach e Jackie di Pablo Larrain, ecco un nuovo film sulle figure vicarie, quelle che sopravvivono alla leggenda e se ne assumono la responsabilità. LBJ, nell’omonimo biopic di Rob Reiner, è prima di tutto un uomo insicuro. Come più tardi spiegherà Lady Bird, Johnson, “ha paura di non piacere alla gente”. Ma conosce la politica e sa coglierne i segnali. Con un salto indietro di quattro anni, Reiner ne mostra la sofferta carriera: la candidatura alla presidenza, la sconfitta a favore di JFK e infine la vice-presidenza, fino alla tragica ascesa al potere dopo la morte del predecessore. Un progredire lento e inesorabile, alternato alle immagini delle limousine presidenziali che avanzano ignare verso il momento dell’assassinio. Prima di quell’attimo, LBJ è l’opposto speculare di Kennedy. Tanto carismatico e posato quest’ultimo, quanto sgradevole e irrequieto il primo. Se il trucco ipertrofico di Woody Harrelson lascia a desiderare in termini di mimesi, è assolutamente efficace nel reificare la distanza tra il divo JFK, etereo e ideale, e un LBJ quanto mai umano e corporeo. Mentre Kennedy è l’homo novus, leader brillante del cambiamento, Johnson è l’uomo del compromesso, abituato a un’eterna penombra. Non a caso Reiner lo confina in interni bui, tra modeste mura domestiche, dove le riunioni di gabinetto si svolgono accanto al gabinetto vero, con LBJ seduto sul water e la porta impietosamente aperta. John Kennedy, al contrario, campeggia autorevole nelle ariose stanze della Casa Bianca, circondato da un team giovane e rampante che comprende il fratello Bob. JFK rappresenta il futuro, mentre Johnson cita sempre il passato. Uno è autorevole e sicuro di sé, l’altro compensa l’insoddisfazione versandosi drink e mangiando gelato. Ciononostante, JFK ha bisogno di Johnson, e sarà lui a completarne le riforme decisive per i diritti civili. Ironia di quella politica che Reiner traduce in salotti cospiratori e nei monumentali esterni notturni − debitori di House of Cards − di un’impassibile Washington D.C.
Una regia che non cerca virtuosismi, si concede qualche cliché (Bob in piedi dietro alla sedia del fratello vuota) ma, esattamente come il protagonista, arriva al punto con sottile efficacia.
LBJ [id., USA 2016] REGIA Rob Reiner.
CAST Woody Harrelson, Jennifer Jason Leigh, C. Thomas Howell, Jeffrey Donovan, Bill Pullman.
SCENEGGIATURA Joy Hartstone. FOTOGRAFIA Barry Markowitz. MUSICHE Marc Shaiman.
Drammatico/Biografico, durata 89 minuti.