Cinema contro l’invisibile
Quando parliamo di film usiamo frasi del tipo “il film di”, “il film con” e “il film su” ritenendo automatico e inevitabile che un film sia identificato o identificabile con un regista, un attore o un’attrice, oppure con un argomento chiuso e definito.
In sostanza quel che facciamo è individualizzare opere, prodotti e risultati che invece, per la natura stessa del cinema, sono collettivi. Un’ingiustizia? No, piuttosto un’incomprensione e una snaturalizzazione che di fatto hanno determinato la storia e il mercato del film. Le conseguenze di questa scelta, consapevole o meno, possono essere sintetizzate in tre “invisibilità”: l’invisibilità dei collaboratori e del collettivo che sta dietro un film, l’invisibilità delle opere che non si allineano ai modelli determinati dal mercato globale e l’invisibilità, forse la più grave, di quella parte di mondo che queste opere ritrarrebbero e porterebbero in sé in termini di sensibilità e punti di vista. Non pochi per fortuna sono stati i tentativi di aggirare questi ostacoli, tra questi uno dei movimenti più compatti e determinati è stato quello del Cinema Novo, collettivo di registi e produttori brasiliani accomunati dallo stesso impellente desiderio di fare un cinema libero, indipendente, non imitativo. Nacquero con l’obiettivo di conciliare il neorealismo italiano, l’epoca d’oro del cinema sovietico, la spettacolarità del cinema americano e le novità formali del nuovo cinema francese, ma tingendo tutto dello spirito brasiliano, del loro modo di vedere, dialogare, vivere, della loro storia e dell’aria respirata quotidianamente tra San Paolo e Bahia. Autori come Rocha, Guerra, Pereira dos Santos, Pedro de Andrade, Diegues e Neves per loro stessa ammissione discutevano di cinema attraverso il cinema stesso, grazie alla pratica, oggi pressoché impensabile, del montaggio reciproco dei film, possibile solo in virtù di una visione forte e comune del cinema e dei suoi intenti. “Non ci piacevano i nostri film perché eravamo amici, ma eravamo amici perché ci piacevano i nostri film”: Eryk Rocha, figlio di Glauber, ha incluso questa dichiarazione e altre, fondamentali per capire cos’è stato il Cinema Novo, nel suo documentario, passato a Cannes nel 2016. Esso è costruito con gli stessi ideali di quei cineasti, rielaborando e dando nuova vita al loro girato e ai materiali d’archivio con interviste e immagini delle loro discussioni. Eryk Rocha mostra ancora che per parlare della realtà attraverso il cinema non si può che usare il cinema stesso e quelle riprese, per nulla contraffatte, che corrispondono esse sole al principio di verità fotografico. Abbiamo ancora bisogno di “un’idea in testa e una cinepresa in mano” come afferma il manifesto del Cinema Novo? Sì, fortemente sì, finché la politica sarà scissa dall’arte e dalla poesia, finché l’individuo sarà separabile dalla società, finché vi sarà censura e paura, finché vi sarà qualcosa di invisibile.
Cinema Novo [id., Brasile 2016] REGIA Eryk Rocha.
SCENEGGIATURA Juan Posada, Eryk Rocha. MONTAGGIO Renato Valone. MUSICHE Ava Rocha.
Documentario, durata 92 minuti.