Sono solo canzonette (?)
Più che l’ormai (già) classico refrain “tutti cantano Sanremo”, le ultime edizioni – e quest’ultima in particolar modo – sembrano averlo trasformato in “tutti parlano di Sanremo”.
Pare infatti che il festival sia veramente stato sulla bocca di tutti; insomma, che piaccia o non piaccia, che lo si segua con fermento o con atteggiamento di supponenza sbeffeggiandone tutti gli anfratti a ogni piè sospinto, Sanremo è pur sempre Sanremo, che è pur sempre il festival della canzonetta italiana, che è pur sempre (pare) qualcosa di cui non possiamo fare a meno. E quest’anno, a condurlo, hanno avuto uno che di canzonette – modestamente – se ne intende. Ecco allora un festival che è effettivamente (e finalmente) incentrato su tutta la possibile purezza del (mi si passi il neologismo) canzonettismo. E guardate che non lo dico con un atteggiamento spocchioso: bisogna semplicemente riuscire a contestualizzare il tutto. Tanto per fare due esempi e capire di cosa stiamo parlando: Nel blu dipinto di blu è una forma altissima di canzonettismo; Per tutte le volte che… è invece una di quelle più basse mai udite. Baglioni (Claudio, a scanso di equivoci) in breve ci ha fatto capire – sciorinando buona parte del suo repertorio e intramezzandolo alle canzoni in concorso – che era forse l’ora di comprendere che spesso la sfumatura tra una canzonetta e una canzone può essere anche molto ampia. E ce l’ha fatto intendere “strada facendo”. Baglioni l’astuto, Baglioni il subdolo. C’è quindi un abisso di valore tra un “dududu dadada” e un “la mia sigaretta brilla rossa”, una differenza testuale, compositiva e sonora. Perché dentro a una canzone(tta) bisogna addentrarcisi indagandone tutte le cavità, ascoltandola e riascoltandola. Ecco, questa edizione di Sanremo è stata la possibilità che Baglioni ci ha dato di percepire la differenza e la ripetizione di questo mondo che sembra ogni volta esistere con una propria, particolare autonomia. Prima di tutto, la musica. E io, grazie a ciò, mi sono accorto che questo principio vale anche all’interno di ogni singola canzone(tta): prendiamo Frida dei tanto vituperati The Kolors, meraviglioso esempio di testo pseudo frivolo sul quale gli electro tribalismi si avvinghiano e fanno sospendere il giudizio perché non si capisce in quale diavolo di limbo (ci risiamo: canzone o canzonetta?) ci si trovi. Ma il piede che spinge sull’acceleratore arriva sul finale, in quei 30 secondi strumentali di riff tastieristici e archi a piovere con schitarrata finale annessa, che sono una delle cose più brillantemente pop dell’intera storia di Sanremo. Insomma, è la solita solfa: bisogna fare attenzione a giudicare in fretta ed archiviare sveltamente il nazional-popolare, perché non è bello (tutto) ciò che è bello, ma è bello (tutto) ciò che piace. Ma questa volta il messaggio era forte e chiaro. Grazie Claudio, mille giorni di questo festival e di te.
Sanremo 2018 – 68° Festival della Canzone Italiana [Italia 2018] REGIA Duccio Forzano.
PRESENTATORI Claudio Baglioni, Pierfrancesco Favino, Michelle Hunziker.
CANALE Rai 1.
Show, durata 240 minuti (puntata).