SPECIALE AMORI IMPOSSIBILI
L’amore e la perdizione
Nel cinema tedesco tra le due guerre sono piuttosto frequenti i film incentrati sul declino morale e materiale dei loro protagonisti, che con le loro drammatiche vicissitudini riflettono spesso l’atmosfera inquieta della Repubblica di Weimar.
Va in tale direzione anche L’angelo azzurro di Josef von Sternberg, pellicola che sembra avere qualche punto in comune con un altro titolo del periodo: L’ultima risata, il capolavoro muto di Friedrich W. Murnau. I due film, infatti, hanno entrambi il massiccio e istrionico Emil Jannings nel ruolo più importante e, soprattutto, una storia che si basa sostanzialmente su un’autorità che viene degradata e fortemente messa in discussione. E se nell’opera di Murnau la discesa negli inferi del protagonista cominciava da un demansionamento professionale, in quella di Sternberg la rovina del personaggio avviene per amore: qui si racconta di Unrath, un anziano e austero professore che s’innamora e si sposa con Lola, una cantante di una compagnia malfamata, conducendo se stesso alla perdizione e all’infelicità. Un declino, quello dell’insegnante, che dipende proprio dall’amore impossibile che prova per la ragazza, la quale è il suo polo opposto, non solo per età e fisicità (elementi ben sottolineati dalla recitazione del volutamente goffo Jannings e della sensuale Dietrich), ma anche per ceto e valore simbolico. Così, se il professore incarna l’autorità morale e culturale del Paese, la donna ne rappresenta la parte più libera, disinibita e peccaminosa. E nell’incontro tra questi poli opposti, sarà proprio il più “corrotto” a prevalere, in quanto annullerà il potere dall’insegnante, assorbendolo e umiliandolo fino a farlo completamente deflagrare, in quella che può essere letta una metafora più o meno voluta sull’instabilità tedesca dell’epoca. Tutti elementi ben evidenziati dalla regia di Sternberg, che sfrutta ogni elemento figurativo in senso drammatico: dagli oggetti di scena (la cinepresa indugia spesso sugli indumenti intimi di Lola per evidenziare la carica sessuale della storia) al posizionamento dei personaggi nello spazio (Jannings è spesso inquadrato in posizione d’inferiorità rispetto alla Dietrich), dal bianco e nero contrastato del finale alle scenografie, che con le loro strade buie, deserte e sinistre sottolineano il climax malsano della vicenda. Tutto ciò in un’opera che partendo da una storia d’amore impossibile rispecchia più o meno volutamente e direttamente la crisi sociopolitica del periodo, non solo tramite la narrazione, ma anche attraverso una messa in scena che sfrutta in modo alquanto espressivo i diversi mezzi a disposizione, dando vita a un film intenso e potente, giustamente ricordato come un caposaldo della storia del cinema.
L’angelo azzurro [Der blaue Engel, Germania 1930] REGIA Josef Von Sternberg.
CAST Emil Jannings, Marlene Dietrich, Kurt Gerron, Hans Albers, Reinhold Bernt.
SCENEGGIATURA Carl Zuckmayer, Karl Vollmoller, Robert Liebmann (tratta dal romanzo Il professor Unrat di Heinrich Mann). FOTOGRAFIA Günther Rittau, Hans Schneeberger. MUSICHE Frederick Hollaender.
Drammatico, durata 98 minuti.