Super-minoranze
Supereroi, minoranze e genere: sono argomenti che prima o poi vanno presi in esame. Alla DC è toccato di sdoganare il supereroe donna con Wonder Woman, film dimenticabile con un personaggio protagonista tutto sommato riuscito, a Disney/Marvel, quindi, l’arduo compito di adattare i fumetti di Black Panther, il supereroe nero.
Il terreno della tematica sociale è altamente scivoloso poiché si rischia di strafare in qualsiasi direzione si decida di svilupparlo. Va comunque affrontato di petto e Black Panther non nasconde certo l’elefante nella stanza: il colore della pelle è la caratteristica fondamentale del supereroe e, piaccia o no, l’intero film è costruito su di esso. Un’altra considerazione bisogna fare subito: Black Panther non fa ridere, in ciò diverge dallo stile che domina nei film Marvel. I momenti di comicità sono pochi, inseriti in modo forzato e, come se non bastasse, il doppiaggio italiano li rende praticamente insensati. Black Panther è una tragedia famigliare piuttosto riuscita e un film d’azione con risvolti fantascientifici in contesto africano; non è una commedia e, quando tenta di esserlo, i suoi ingranaggi scricchiolano. La visione di uno stato centrafricano tecnologicamente più avanzato delle potenze capitaliste mondiali è intrigante e il miscuglio di fantascienza e cultura sciamanica appare strano ma interessante. Il Wakanda domina la tecnica ma non il resto del mondo, poiché da secoli preferisce nascondere e amministrare la propria ricchezza restando nell’ombra, facendosi passare per un paese del terzo mondo. È una sorta di Svizzera africana, uno stato forte, così forte che preferisce restare isolato e farsi gli affari suoi. Il suo sovrano è per tradizione un guerriero chiamato Pantera Nera, la cui morte in un attacco terroristico porta lo scompiglio nella famiglia reale. T’Challa, suo figlio, dovrebbe succedergli al trono ma la collana della Pantera Nera attira molti pretendenti inaspettati. Ancora di più, li attira la miniera di vibranio, lo straordinario acciaio dello scudo di Capitan America, di cui il piccolo paese detiene il monopolio mondiale. Naturalmente, il film non è perfetto quando deve affrontare la tematica black. Più volte si usa la locuzione “il nostro popolo” per riferirsi a tutte le persone di colore, come se l’universo nero fosse riconducibile a una sola identità (quella di vittima, ovviamente). Fa, inoltre, riflettere l’idea che un paese evoluto come il Wakanda elegga il proprio Re tramite un combattimento rituale, una pratica insensata nella quale, a voler essere permalosi, si vede un po’ di razzismo. Nonostante queste e altre piccole pecche, la posizione forte del Wakanda è una bella ventata di novità che ribalta un certo paradigma da film sociale. Black Panther dipinge, per una volta, il quadro di uno stato africano forte e orgoglioso; non è poco, soprattutto per un “semplice” film di supereroi.
Black Panther [id., USA 2018] REGIA Ryan Coogler.
CAST Chadwick Boseman, Michael B. Jordan, Lupita Nyong’o, Danal Guira, Daniel Kaluuya.
SCENEGGIATURA Ryan Coogler, Joe Robert Cole. FOTOGRAFIA Rachel Morrison. MUSICHE Ludwig Göransson.
Azione/Drammatico/Fantascienza, durata 134 minuti.