Il mio corpo, il mio paese
Sono essenziali le coordinate narrative entro cui si articola la serie scritta e diretta da Mattia Torre, già tra gli ideatori di Boris e sceneggiatore di Dov’è Mario?, con Corrado Guzzanti: capace di dare ossigeno agli immaginari produttivi della Rai, che ne ha sperimentato la diffusione integrale online prima della tradizionale trasmissione tv, La linea verticale parte da uno spunto autobiografico ma ha il merito di declinare la gravità della materia trattata entro la commovente leggerezza e libertà di una commedia votata all’umano, senza facili compromessi.
Luigi, poco più che quarantenne, scopre di avere un tumore ai reni. Con l’aiuto della moglie Elena, incinta del suo secondo figlio, inizia un lungo e faticoso percorso in ospedale, dove a una difficile operazione chirurgica seguirà la convalescenza nel reparto e l’incontro con il personale medico e alcuni concittadini romani accomunati dalla stessa sorte. Una commedia in otto episodi dove la forte unità di luogo – la serie è quasi interamente ambientata tra stanze di degenza, lettini, sale operatorie, corridoi – non impedisce di sondare il punto di vista di Luigi con una varietà di toni che spazia dallo smarrimento della malattia al calore e alla solidarietà tra compagni di reparto, passando per un efficace contrappunto surreale che a molti ha ricordato Scrubs. L’itinerario esistenziale del protagonista, interpretato da Valerio Mastandrea non solo con sensibilità, ma con la consapevolezza di cosa significhi parlare a un pubblico allargato con profondità, diventa così lo strumento per una riflessione sul tempo che abbiamo a disposizione ma soprattutto l’umore, l’esprit, la spinta interiore con cui lo attraversiamo: proprio all’imperativo morale che fa da sottotesto al titolo sembra infatti alludere la presa di coscienza di Luigi, che prima della malattia si sentiva indistruttibile, e tutto dava per scontato, e invece con la malattia ha dovuto morire e rinascere, forte di una spinta verticale che non è soltanto gioia di vivere, ma vera e propria messa a fuoco del rapporto che esiste tra soggetto e contesto, cittadino e società, individuo e comunità. Con il fantasma di un dolore autentico, ma il sorriso spesso legittimo che la quotidianità porta con sé, La linea verticale connette a suo modo l’idea di corpo, minato ma ancora in piedi, a quella di paese: quell’Italia fatta di tic, idiosincrasie, abitudini e vocazioni fondanti (straordinari gli attori, su tutti Giorgio Tirabassi, nell’episodio in cui si parla di cibo), dove, prima ancora che le derive ideologiche o la violenza, a compromettere la vita è la cronica incapacità di amare ciò che si è, di desiderare ciò che ogni giorno si fa, di partire da questo per pensare con gli altri una possibile forma di felicità.
La linea verticale [Italia 2018] REGIA Mattia Torre.
CAST Valerio Mastandrea, Greta Scarano, Babak Karimi, Giorgio Tirabassi, Paolo Calabresi.
SCENEGGIATURA Mattia Torre. MUSICHE Giuliano Taviani, Carmelo Travia.
Commedia/Drammatico, durata 25 minuti (episodio), 8 episodi.