Discorsi da bar
Certe notti la macchina è calda ma tu decidi di lasciarla in garage e di andare al cinema dove danno l’ultimo film di un regista che aveva realizzato un piccolo cult dei tuoi anni al liceo e che in realtà come lavoro principale fa il cantante. Se per ogni sbaglio avessi mille lire, nessuno ti garantirebbe chissà quale vecchiaia, ma perlomeno avresti risparmiato qualcosa evitando di andare a vedere film come questo sull’onda di una certa nostalgia, investendo quelle mille lire in altro modo.
Magari comprando una bottiglia di lambrusco e un sacchetto di popcorn; e non sarebbe cambiato molto, perché l’immaginario del film in questione, Made in Italy di Luciano Ligabue, è quello. E fin qui nulla di male: spesso raccontando il “piccolo” si possono affrontare tra le righe tematiche più “grandi”, e comunque per realizzare un’opera riuscita non è obbligatorio affrontare i massimi sistemi o immergersi nell’attualità. Se il terzo film del rocker regista di Radiofreccia si fosse limitato a ciò, cioè a rappresentare con un misto di orgoglio e di disillusione un piccolo mondo né antico né moderno di provincia e i “tipi” che lo vivono, non sarebbe stato neanche poi così male; anzi, in quelle poche sequenze in cui rimane aderente a quel piccolo mondo il film trasmette un’innegabile e pure trascinante sincerità, dimostrazione che il Liga, quando parla di ciò, sa di cosa sta parlando. Il problema principale di Made in Italy è quello di voler essere un affresco dell’Italia. Risultando incredibilmente qualunquista, didascalico e pure un po’ banale. Come se fossero messe in scena le discussioni e i “piove governo ladro” detti al bancone del bar gestito da Mario. Ligabue vuole raccontare la “pancia” della nazione attraverso la vicenda sulla carta emblematica di un operaio di un’azienda produttrice di salumi della profonda provincia emiliana; tra licenziamenti, insicurezze economiche e sociali e crisi familiari e private, che lo accomunano alle persone a lui più care, il protagonista vivrà il classico percorso di crisi e di rinascita. Percorso che, didascalicamente, pare voler essere una metafora dello stato della nazione e soprattutto un insegnamento per uscire dalle secche in cui il nostro Paese pare essere bloccato. In realtà, a livello sociologico e – volendo – contestualizzandolo al periodo pre-elettorale che stiamo vivendo, Made in Italy può pure essere interessante se letto appunto come documento che intercetta il malessere e lo spaesamento italiano. Questi spunti non vengono però minimamente rielaborati né approfonditi in una maniera che vada oltre il qualunquismo, e ad ogni modo ci sono errori e ingenuità di grammatica cinematografica che renderebbero vane l’analisi politica e sociologica più raffinate.
Made in Italy [Italia 2018] REGIA Luciano Ligabue.
CAST Stefano Accorsi, Kasia Smutniak, Fausto Maria Sciarappa, Walter Leonardi, Ettore Nicoletti.
SCENEGGIATURA Luciano Ligabue. FOTOGRAFIA Marco Bassano. MUSICHE Luciano Ligabue.
Drammatico, durata 104 minuti.