Gli esclusi
The Companion inizia con un muro. Quello che divide il resto del mondo dal sanatorio cubano di Los Cocos. Oltre quel muro, sovrastato dal filo spinato, i sieropositivi sono sottoposti ai trattamenti medici e costretti a vivere da reclusi.
Horacio Romero, campione di boxe squalificato per doping, non ha contratto il virus, ma di confini se ne intende. Da quelli del ring, dove ha consumato la sua carriera, a quelli dello stesso sanatorio dove è costretto a prestare servizio per riabilitarsi. Il suo compito è accompagnare Daniel, il più ribelle dei sieropositivi, e seguirlo come un’ombra nell’unico giorno settimanale di libertà. Nella Cuba degli anni Ottanta, l’AIDS è uno spettro da rinchiudere, con tanto di apparato militare a garantirne l’isolamento. Spettrale è anche l’atmosfera che introduce il film, con il pallore di un’alba di nebbia a evocare il rimosso in cui il Paese relega i pazienti. All’interno del sanatorio, nessuno ha più un nome, ma un numero e un nomignolo, e la vita passata non è che una manciata di foto in un armadietto. Questa condanna alla dimenticanza, e allo stato di “indesiderabile”, è inizialmente il solo punto in comune tra Daniel e il suo accompagnatore. Per il resto la vicinanza coatta è costantemente messa in discussione da diffidenza reciproca e pregiudizio, sottolineati dal proliferare di vetri, porte e pareti che si frappongono tra i due. Soglie che si accumulano scena dopo scena e destinate, una dopo l’altra, ad essere scardinate. Ma se quelle tra i due protagonisti sembrano poter cedere il passo, i confini tra interno ed esterno si rivelano più ambigui. Il mondo al di fuori, con le sue strade e i campi lunghi, si contrappone alle stanze asfittiche e ai primi piani delle siringhe. Non è accessibile se non di notte, quando i malati cessano di essere un pericolo per diventare occasione di guadagno e sfruttamento. La critica di Giraud all’ipocrisia sociale parte in questo senso dagli individui, per estendersi al sistema politico e militare che ne determina le sorti. Dal Paese, simboleggiato dal padre Generale, che “si fida abbastanza di un ragazzo per mandarlo in guerra ma non per altro”, alle Olimpiadi inaccessibili per i contrasti con la Corea del Sud. Il quadro di un’epoca a tratti sommario, ma efficace nel ritrarre una società lacerata tra l’esasperata coercizione militare e uno sfrenato individualismo. Non sorprende perciò che a chiudere il film sia di nuovo una soglia. Quella di una porta che si chiude a separare le vittime dai sopravvissuti.
The Companion [El acompañante, Cuba/Colombia/Francia/Panama/Venezuela 2015] REGIA Pavel Giroud.
CAST Camila Arteche, Armando Miguel Gómez, Yotuel Romero, Yailene Sierra.
SCENEGGIATURA Pavel Giraud, Alejandro Brugués, Pierre Edelman. FOTOGRAFIA Ernesto Calzado. MUSICHE Sergio Valdes, Hulises Hernàndez.
Drammatico, durata 104 minuti.