35° Torino Film Festival, 24 novembre – 2 dicembre 2017, Torino
SPECIALE TORINO FILM FESTIVAL
Game of Trotsky
Concerto di musica classica a Radio Mosca. Applausi, fine. All’improvviso una chiamata, è Stalin: vuole la registrazione della serata. L’orchestra e il pubblico si rimettono ai loro posti e cominciano da capo. Il disco arriva al leader supremo poche ore dopo. Nella custodia c’è anche un bigliettino, scritto dalla giovane pianista, che gli augura la morte. Stalin morirà di lì a poco di emorragia cerebrale ma la notizia trapelerà solo due giorni dopo, quando i sette ministri a lui fedelissimi avranno avuto modo di spartirsi l’eredità del suo potere.
Inizia così Morto Stalin, se ne fa un altro di Armando Iannucci, esuberante autore televisivo (Veep, The Thick of It) e cinematografico (In the Loop). Inizia con un montaggio alternato fra palazzo e popolo, fra ciò che nell’ombra decide il destino di una nazione e la vita che continua, inconsapevole della sua possibile improvvisa interruzione. Un gioco che crolla su se stesso alla morte di Stalin, obbligando i personaggi e dunque anche la macchina da presa a chiudersi in un solo luogo alla volta, concentrando l’azione all’interno di un organismo nuovo che sta emettendo i primi vagiti. Una commedia del potere che sceglie la strada dello straniamento linguistico – l’inglese e i suoi accenti impiantati nella storia russa – ma al tempo stesso muove da ricostruzioni il più possibile aderenti alla verità di quel 2 marzo 1953: fonti emerse col contagocce negli anni subito successivi al fatto e messe nero su bianco solo dopo il decennale della morte del leader (G. Kesse, Kruscev racconta la morte di Stalin, in “Epoca”, n. 654, 7 aprile 1963, è una di queste), anche se poi l’ipotesto principale è il graphic novel La morte di Stalin di Fabien Nury e Thierry Robin. Il risultato è un gioco in cui tutti recitano al meglio la propria parte per avvicinarsi il più possibile al trono lasciato vacante, attendendo oppure aggredendo, muovendo trame oppure restando pedine. Un “Game of Trotsky” (mi si permetta il gioco di parole che non c’entra niente ma suona bene) che non conosce pause, scala le marce e si mangia 106 minuti come fossero 50, lasciandosi dietro una scia di morte e risate (“Non ricordo più chi è vivo e chi è morto” esclama Malenkov dopo una cena con Stalin). Una commedia che per intensità, ritmo crescente e utilizzo propulsivo dei dialoghi – per non dimenticare la presenza dei “compagni” – ricorda il capolavoro di Billy Wilder One, Two, Three del 1961. Non ho detto nulla su Steve Buscemi nei panni di Khrushchev, rimedio subito: immenso.
Morto Stalin, se ne fa un altro [The Death of Stalin, Francia/Gran Bretagna/USA 2017] REGIA Armando Iannucci.
CAST Steve Buscemi, Paddy Considine, Jason Isaacs, Andrea Riseborough, Jeffrey Tambor.
SCENEGGIATURA Armando Iannucci, David Schneider, Ian Martin, Fabien Nury, Peter Fellows. FOTOGRAFIA Zac Nicholson. MUSICHE Christopher Willis.
Commedia/Storico/Biografico, durata 106 minuti.