35° Torino Film Festival, 24 novembre – 2 dicembre 2017, Torino
SPECIALE TORINO FILM FESTIVAL
Sessant’anni fa, in un Paese lontano lontano…
Presentato in anteprima mondiale al Festival di Cannes, l’ultimo documentario di Claude Lanzmann, Napalm, arriva finalmente in Italia, sugli schermi del Torino Film Festival. Per la prima volta, il regista francese non si dedica ai temi della Shoah e di Israele e volge lo sguardo all’estremo est, verso Pyongyang.
L’incipit di Napalm potrebbe essere il prodotto di qualsiasi videomaker che gira per le strade della capitale nordcoreana senza un permesso: immagini rubate, dalla qualità altalenante, ci mostrano i monumenti del potere e le strade senza veicoli, mentre la voce narrante del regista descrive per sommi capi come qui la vita delle persone sia scandita dai ritmi del regime. Scopriamo che è la terza volta che Lanzmann si reca nella Repubblica Popolare Democratica di Corea e che la prima volta è stato pochi anni dopo la guerra, come parte di una delegazione occidentale in visita. Dopo un inizio difficile da inquadrare, lentamente la telecamera si avvicina al volto di Lanzmann e la narrativa del film prende piede. Ora il regista è seduto su una poltrona e ci parla in modo più intimo: capiamo finalmente che la vicenda al centro di Napalm non è ambientata nel presente, ma nel passato. Il film è il racconto della breve ma intensa storia d’amore tra il regista, allora trentenne, e un’infermiera nordcoreana, sopravvissuta al bombardamento del suo villaggio e poi impiegata a Pyongyang. Le immagini presenti, insieme all’atto del viaggio, servono principalmente come motore per la macchina dei ricordi. Più che a noi spettatori (non ci sono immagini davvero inedite del Paese, a parte qualche interazione buffa tra il regista e i funzionari che lo guidano), le inquadrature rubate hanno lo scopo di avviare e agevolare quel processo di associazioni mentali che messe insieme fanno un racconto. Nonostante il titolo, Napalm racconta una storia più leggera di quanto ci si potrebbe aspettare, ma è pur sempre la memoria di un atto non gradito al regime. Il film si prende il suo tempo per raccontarla, a tratti può essere pesante e le immagini a condimento del racconto sono davvero poche, ma quando arriva al punto lo fa con la solita forza a cui ci ha abituato il regista francese, lasciando a noi il compito gravoso di immaginare ciò che il testimone diretto racconta guardando l’obiettivo.
Napalm [id., Francia 2017] REGIA Claude Lanzmann.
SOGGETTO Claude Lanzmann. FOTOGRAFIA Caroline Champetier. MONTAGGIO Chantal Hymans.
Documentario, durata 100 minuti.